Compiti inderogabili per il Legislatore dopo la decisione della Consulta sui Cognomi (o sul Cognome) dei Figli Di Iole Natoli Rif.: GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE |
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Presidente AMATO - Redattore NAVARRETTA
Decisione del 27/04/2022 - Deposito del 31/05/2022 Pubblicazione in G. U. |
Norme impugnate: Artt. 237, 262 e 299 del codice civile; art. 72, primo comma, del regio decreto 09/07/1939, n. 1238 e artt. 33 e 34 del decreto del Presidente della Repubblica 03/11/2000, n. 396. |
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L’esistenza di talune conseguenze della bella e storica sentenza della Consulta ha indotto taluni commentatori ad addebitare impropriamente queste a detta Corte invece che alla pluriennale latitanza decisionale del Parlamento, che in più Legislature ha fatto sì che i diversi progetti di legge presentati alla Camera e al Senato divenissero carta straccia per non essere stati neanche discussi in alcuni casi, o discussi e approvati solo alla Camera nella Legislatura precedente, o analizzati in parte sul finire di questa, cosicché l’anticipo di alcuni mesi della chiusura, per il ricorso pre-scadenza alle urne, non ha determinato la sorte funebre già scritta dei progetti di legge sul cognome dei figli. Può dunque solo muovere al riso che da talune parti siano state avanzate accuse alla Corte per essere intervenuta non solo
abrogando ma altresì pronunciando una
regola suppletiva, su una materia - hanno avuto la sfrontatezza di rilevare
altri - che era oggetto di discussione in Senato (si è visto infatti in qual modo sia finita). Scrive infatti la Corte al punto 11.2
che, in quanto «delle numerose
proposte di riforma legislativa, presentate a partire dalla VIII legislatura,
nessuna è giunta a compimento» essa
«non può più esimersi dal rendere effettiva la «legalità
costituzionale» (ordinanza di autorimessione n. 18 del 2021)». Ma vediamo nel dettaglio quali sono i punti che rendono urgente l’intervento del Parlamento, o per far prima del Governo mediante un Decreto Legge. Partiamo dalla regola generale stabilita con estrema chiarezza dalla Corte, premettendo che l’intero impianto della sentenza poggia sull’interesse del figlio – che è il solo titolare del cognome, singolo o doppio che sia – e sull’accordo dei genitori che di quell’interesse sono gli interpreti e i gestori, accordo reso insopprimibile dalla loro stessa funzione genitoriale. Dopo aver dichiarato al punto 11.2 che «Il cognome del figlio deve comporsi con i cognomi dei genitori, salvo (…) loro diverso accordo», la Corte specifica al punto 15.1: «Il presente intervento rende l’attribuzione del cognome di entrambi i genitori regola di carattere generale». Ciò che è determinato dall’accordo è dunque
esclusivamente l’attribuzione del cognome di uno solo dei genitori (o
dei cognomi, ove questi ne abbia due), mentre l’attribuzione dei cognomi di entrambi
è LA REGOLA che non necessita di alcuna specificazione, se non per quanto
concerne l’ordine in cui quei cognomi dovranno essere assegnati. La Corte non tralascia in nessun momento di sottolineare l’importanza del DUPLICE LEGAME, ma non impone il doppio cognome. Se anche lo avesse voluto non avrebbe potuto farlo, perché la sentenza del 7 gennaio 2014 del Tribunale di Strasburgo, nata dalla volontà (non accolta dai nostri tribunali) di una coppia coniugata di attribuire alla figlia IL SOLO cognome della madre, confermava che l’attribuzione del cognome alla prole rientra nel diritto dei genitori di determinare l’indirizzo della vita familiare, tutelato dall’art. 8 della CEDU (convenzione da noi ratificata da tempo). Ne consegue che la contraddizione tra interesse del figlio all’identità completa, dunque a portare il cognome di entrambi i genitori, e possibilità conferita agli stessi di assegnargli il cognome di uno di essi soltanto (madre o padre che sia) - contraddizione denunciata da una commentatrice in un suo saggio per altri aspetti molto approfondito – non esiste, per quanto si possa aver maturato la convinzione che il cognome di entrambi rappresenti la soluzione più appropriata. Peraltro, riservare il cognome singolo – determinato solo dalla decisione di un giudice – ai casi di danno che recherebbe al figlio il portare i cognomi di entrambi i genitori (dunque, ad esempio, anche quello di un genitore che si è macchiato di un crimine, ovvero il cognome di un genitore indegno) come suggerisce la commentatrice, significherebbe esporre pubblicamente il figlio a una lesione della sua vita privata, laddove il fatto che sia possibile l’attribuzione di un solo cognome (della madre o del padre che sia) risolve, annullandone gli effetti sociali, l’individuabilità di situazioni gravose. Torniamo adesso all’ordine dei
cognomi nel doppio. Come se i tribunali non avessero
niente di meglio da fare!, è stato in soldoni
il commento affidato a Twitter da un leader della destra, poco incline a
introdurre mutamenti nel costume sociale (patriarcale) esistente. Per finire, una nota sull’altro spauracchio, ovvero sulla moltiplicazione dei cognomi incombente. È FALSO sostenere che sia stata la Corte a determinare il sorgere del problema. Il doppio cognome esisteva da tempo; se ne è incrementato l’uso negli ultimi anni per le richieste di aggiunta del cognome materno operate tramite le Prefetture in ossequio alle norme vigenti; la Corte ha anche rilevato tutto questo, suggerendo peraltro una possibile soluzione non difforme da quella presente in tutti gli inutili disegni di legge di questa morente Legislatura, ovvero che ciascun genitore che abbia un doppio cognome ne assegni al figlio uno solo dei suoi - e trattandosi dei suoi e non di un bene comune, la scelta dovrebbe essere solo sua, senza intervento dell’altro genitore -, di conseguenza l’unica cosa che serve al posto degli inutili lamenti è UNA LEGGE. Bene. Che piaccia o no ai detrattori di turno, la sentenza
131/2022 della Corte costituzionale non può essere ignorata né contraddetta
da future norme che neghino i principi della nostra Costituzione e dei
trattati internazionali a cui la Corte si è ispirata e attenuta nel
formularla. |
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15 Settembre 2022
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Il cognome patrilineare, in Italia come in ogni Paese in cui vige, è il burqa culturale delle donne (©Iole Natoli).
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