lunedì 22 novembre 2021

Il COGNOME MATERNO ALLA PROVA DEI FATTI - Lettera aperta alla Ministra Bonetti, alla Presidente del Senato, al Presidente della Camera e ai Presidenti delle due Commissioni Giustizia

Altro che forcipe, per questo travaglio di parto!

 

 

di Iole Natoli



 

Non son bastate fin qui ben 10 legislature (dall’VIII alla XVII, con esclusione di quella in corso), perché una qualsiasi legge sul cognome materno venisse approvata.


Dobbiamo fare il conto delle Proposte Legislative? Basta spulciare il sito del Parlamento, una Legislatura dopo l’altra, per trovarne un buon numero. Delle Petizioni? Anche qui ce ne sono diverse, con intere proposte di Iole Natoli (la più recente è del 2018), con richieste di emendamenti ancora di Natoli e con solleciti per un’approvazione. Tra queste ultime spicca quella di Laura Cima, sia per le oceaniche adesioni di pubblico, sia perché si tratta di un’ex parlamentare che in due delle Legislature precedenti aveva presentato una sua Proposta di Legge, “ovviamente” nemmeno discussa.

Ma c’è dell’altro. Ci sono scritti che datano dal 1979, lettere aperte a Parlamentari e Ministre, Conferenze, Incontri virtuali e reali, Convegni organizzati da differenti Reti e Associazioni. 

Dal 1979-80 in effetti qualcosa è cambiato. La stampa - che si era accesa solo in occasione di cause eclatanti (la prima fu proprio di Natoli) e di sentenze storiche, quella della Corte CEDU del 2014 (caso Cusan e Fazzo) e quella della Consulta del 2016 - la stampa, si diceva, e i vari media si sono FINALMENTE scatenati. Del cognome materno si legge adesso dovunque.

Rendiamo atto dello sforzo compiuto a tutte e tutti coloro che si sono spesi nel tempo, in un modo o nell’altro, anche con gruppi social sul tema, e in particolare oggi alla Ministra Elena Bonetti, mossa dal chiaro intento di “portare a casa” un risultato entro questa Legislatura.

Quel che si porterà a casa, però, non è dato sapere per intero. Ci vorrà un testo unificato varato da una delle due Commissioni Giustizia (Camera e Senato), per scoprire cosa delle varie proposte sarà stato accolto e cosa, invece, sarà rimasto fuori della porta.

Proprio perché ancora questo testo unificato non c’è, ci sembra utile prima di riferirci a un articolo specifico del fac-simile di una Proposta di Legge contenuta nella Petizione Natoli del 2018, ovvero l’art. 5, soffermarci sulla nostra Costituzione.

La Costituzione italiana non è un manuale di precettistica. Non è il Bignami delle leggi italiane. La Carta costituzionale offre ed espone una concezione organica, declinata attraverso i suoi articoli ed è stato ricordato anche di recente dal Presidente della Corte Costituzionale, Giancarlo Coraggio, che nessun articolo di essa può avere preminenza sugli altri. E allora ci soffermiamo non solo sugli artt. 3 e 29, ma anche sugli artt. 10 e 80.

Tra i trattati e le Convenzioni internazionali che l’Italia ha sottoscritto esiste anche la CEDU, ovvero la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che più propriamente e democraticamente è definita in altri Stati “dei Diritti umani”.

L’organo di tutela di tale Convenzione è la Corte CEDU, Tribunale che ha sede a Strasburgo, quello stesso che ha segnato con la sentenza n. 7 del 2014 lo spartiacque in terra italiana nella questione del Cognome. Da allora esiste infatti un prima e un dopo, quanto meno nelle argomentazioni giuridiche. Anche la sentenza della Consulta del 2016 deriva sostanzialmente da lì.

Non sarà dunque inappropriato esaminare  alcune considerazioni in merito al principio di NON discriminazione nell'interpretazione della CEDU, di Carmelo Danisi, oggi Professore a contratto del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Bologna. Da un suo scritto pubblicato su forumcostituzionale.it, stralcio quanto segue:

«Per quanto riguarda la disposizione della CEDU, centrale è l’affermazione secondo cui il contenuto dell’articolo 14 CEDU non ha carattere sostanziale: esso si applica unicamente in combinato agli altri diritti sanciti nella Convenzione. Ciò è stato ripetuto innumerevoli volte dalla Corte di Strasburgo nelle sue sentenze». Ancora: «Non discriminazione e CEDU: l’art. 14 e i suoi limiti. Il principio di non discriminazione è diffusamente riconosciuto come manifestazione del più generale principio di eguaglianza. Sulla base di quest’ultimo, situazioni simili devono essere trattate in modo uguale mentre situazioni diverse in modo differente. In caso contrario, e in assenza di ragionevoli giustificazioni, il trattamento deve considerarsi discriminatorio. Tali principi rappresentano elementi fondamentali della normativa internazionale relativa ai diritti umani».

Ora, se "situazioni simili devono essere trattate in modo uguale mentre situazioni diverse in modo differente", allora appare vero anche l'inverso e TUTTE LE PROPOSTE che pretendano di ignorare la diversità tra la donna e l'uomo, in rapporto alla generazione dei figli su cui si fonda il concetto stesso di genitorialità, SONO nei fatti DISCRIMINATORIE nei confronti delle donne. in quanto non rispettano, né considerano minimamente, l’assoluta diversità della situazione femminile e del figlio/a in rapporto a questa.

Torniamo adesso all’art. 5 della Petizione Natoli già citata.
«In conseguenza del tempo in cui viene effettuata la registrazione anagrafica legata all’evento della nascita, l’ordine dei cognomi è attribuito per prossimità neonatale. Prevede pertanto in prima posizione il materno, salvo diversa indicazione concorde presentata all'Ufficiale di Stato civile da entrambi i genitori. Ove la richiesta di ordine diverso da quello derivante dalla prossimità neonatale sia presentata da un genitore soltanto, l'Ufficiale di Stato civile attribuirà i due cognomi nell’ordine risultante dal sorteggio».

Solo chi fosse affetto da cecità conclamata potrebbe sostenere che tale articolo celi o comunque contenga una qualche forma di discriminazione. Non prevede infatti una obbligatorietà della priorità da assegnare al cognome materno. Al contrario, presenta un perfetto bilanciamento dei diritti, garantito sia dalla possibilità della modifica concordata dai partner, sia dall'intervento improntato all'uguaglianza bipartisan da parte dell'Ufficiale di Stato civile in caso di disaccordo dei genitori. Esiste dunque una PARITÀ ASSOLUTA, pur nel riconoscimento della specifica relazione madre-figlio al momento della nascita e in tutta la prima fase successiva.

Ma se non c’è l’obbligo a che serve la formula? Tanto vale scavalcare la diversità e amen, qualcuno potrebbe pensare. E invece no, non è per niente così. In questo caso non si può partire dal diritto esercitato dall’uomo per allargarlo alle donne, perché in questo caso c’è qualcosa di molto diverso da ciò che ha caratterizzato la discriminazione ai danni del genere femminile sul lavoro, sull’equa retribuzione, sull’accesso alle carriere e su altro.

Mentre negli esempi elencati ci siamo trovati storicamente SOLO dinanzi a un’esclusione della donna da compiti e ruoli che venivano pertanto esercitati unicamente dagli uomini, nel caso del cognome dei figli ci troviamo NON davanti a un’esclusione delle donne ma a un utlizzo delle stesse accompagnato da una SOTTRAZIONE, dato che l’identità dei figli - che è stata poi definita attraverso il cognome - era originariamente e altrettanto ovviamente legata al clan matriarcale e dunque alle donne, in quanto uniche ospitanti dello zigote (ovulo fecondato), uniche collaboratrici al suo sviluppo tramite la gravidanza, uniche “attrici” della messa al mondo del figlio.

In sostanza, non è stato proibito alle donne di figliare, come di lavorare o di accedere a carriere di prestigio, ma di far riconoscere il legame diretto, che non ha un uguale corrispettivo nella parte maschile, tra il figlio generato e la madre. È stato e continua ad essere un furto non soltanto nei confronti della madre ma anche nei confronti della figlia e del figlio, ai quali il concetto di parità – che in questo caso appare riduttivo - non rende adeguata giustizia.

Non soltanto i numerosissimi femminicidi ma anche le frequenti uccisioni dei figli, quasi sempre per mano maschile, testimoniano di un cancro che fagocita le persone, in primo luogo le vittime ma anche gli autori di questi delitti, condizionati dall’aver introiettato il concetto di PROPRIETÀ della donna e dei figli. Il patriarcato ha voluto spezzare il naturale rapporto figli-madri, ha voluto farlo rimuovere dalla mente dei figli con la formula della patrilinearità.

Ora, una legge che si limitasse a introdurre il cognome materno fin qui assente - o, se presente, subordinato al consenso paterno ovvero paradossalmente al consenso di chi NON ha messo al mondo il figlio - è insufficiente per agire nel profondo delle coscienze.

Occorre qualcosa di più, occorre insegnare a RICORDARE, a NON RIMUOVERE, a conservare l’immagine di quel legame affinché gli uomini possano riconoscerlo e rispettarlo anche quando, con legame coniugale o meno, si uniranno a una donna per poter generare dei figli. I figli non sono proprietà. I figli hanno dei diritti e tra questi diritti hanno quello di poter crescere in una società sana, che non faccia della rimozione affettiva, giuridicamente programmata, la sua regola.

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Aderiscono: Angela Bottari, Laura Cima, Eliana Rasera, Roberta Ravello, Laura Moschini, Francesca Dragotto, Nadia Gambilongo, Ilaria Moroni, Daniela Cassini, Edvige Ricci, Antonia Romano, Maria Francesca Lucanto.
Aderiscono dopo l'invio della Lettera: Lorella Marini, Paola Moggi, Gabriella Taddeo.

In qualità di membri dei Gruppi FB “IL COGNOME MATERNO IN ITALIA - Procedure prefettizie e anagrafiche”, "NEL COGNOME DELLA MADRE E/O DEL PADRE e Abolizione del 143bis" e di altri Gruppi non solo sul Cognome
aderiscono:

Frida Bertolini, Federica Cagnolati, Roberta Cordaro, Iole Granato, Fabiana Montemurri, Marina Petrucci, Sara Maccioni, Davide Fiorucci, Erica Villa, Jessica Maria Rita Franchi, Marisol Pascucci, Nathalie Pellegrini, Enza Turrisi, Cinzia Ciriotti, Sandra Amorelli, Roberta Fumagalli.

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RIFERIMENTI

20 giugno 2021
Cognome Materno alla nascita e ordine dei cognomi
LETTERA aperta alla Ministra Lamorgese e alle Ministre Cartabia e Bonetti
https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2021/06/cognome-materno-alla-nascita-lettera_20.html

28 marzo/2021
Noi Rete Donne

DOPPIO COGNOME A FIGLI E FIGLIE. Una rivoluzione culturale e non questione di sola parità - dal sito NOIDONNE.org
https://www.noidonne.org/articoli/doppio-cognome-a-figli-e-figlie-una-rivoluzione-culturale-e-non-questione-di-sola-parit.php

9 novembre 2019
Cognome Materno - Lettera aperta al Presidente Conte e alle Ministre Dadone e Bonetti
https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2019/11/cognome-materno-lettera-aperta-al.html

19 febbraio 2021
Provvedimenti per il Cognome dei Figli / LETTERA APERTA alle MINISTRE del Governo Draghi
https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2021/02/provvedimenti-per-il-cognome-dei-figli.html

14 gennaio 2018
Petizione a Camera e Senato di Iole Natoli
Disposizioni sul Nome della Persona e sul Cognome dei Coniugi e dei Figli
https://www.change.org/p/disposizioni-sul-nome-della-persona-e-sul-cognome-dei-coniugi-e-dei-figli

12 febbraio 2014
Petizione al Parlamento di Laura Cima
Chiediamo che la legge sul cognome sia approvata!
https://www.change.org/p/la-legge-sul-cognome-materno-deve-essere-approvata

 

Data non rilevabile
Carmelo Danisi
Il principio di non discriminazione dalla CEDU alla Carta di Nizza: il caso dell’orientamento sessuale
https://www.forumcostituzionale.it/wordpress/images/stories/pdf/documenti_forum/paper/0154_danisi.pdf

NOTA successiva. La Lettera è stata inviata ai destinatari per mail Martedì 23 novembre 2021.

22 novembre 2021

© Iole Natoli

martedì 9 novembre 2021

Nella XVIII Legislatura OTTO PROPOSTE sul COGNOME MATERNO

Il Cognome Materno a Figli e Figlie attende ancora un testo unificato

di Iole Natoli

Ciò che difetta in tutte le proposte è il diritto personale del nuovo nato, implicante il concetto di relazione che lo lega alla madre e solo a lei al tempo della nascita.

Tale assenza deriva da un'impostazione che guarda ancora al mondo patriarcale.

Conseguentemente, nel fare del diritto femminile una mera fotocopia del già esistente diritto maschile, si propone una falsa uguaglianza uomo-donna, ottenuta con l’occultamento forzoso e dunque autoritario della diversità.
 

ELENCO DELLE PROPOSTE PARLAMENTARI della XVIII Legislatura
In qualità di prime firmatarie, hanno presentato proposte otto parlamentari. In ordine cronologico crescente:

 

2018

23 marzo 

Camera

Testo

Laura Boldrini

PD   (ex LeU)

2018

23 marzo 

Camera

Testo

Renate Gebhard

Südtiroler Volkspartei

2018

11 luglio  

Senato

Testo

Julia Unterberger

Südtiroler Volkspartei

2018

17 luglio  

Senato

Testo

Laura Garavini

Italia Viva   (ex PD)

2018

12 ottobre 

Camera

Testo

Fabiana Dadone

M5s

2019

28 gennaio 

Senato

Testo

Alessandra Maiorino

M5s

2021

25 febbraio

Senato

Testo

Paola Binetti

Forza Italia

2021

10 giugno

Senato

Testo

Simona Malpezzi

PD

In sostanza, tre proposte alla Camera e cinque al Senato. Né alla Camera né al Senato ha avuto inizio in Commissione Giustizia la discussione, che serve a pervenire a un testo unificato e precede la discussione in assemblea. Si direbbe che alle due Presidenze non faccia piacere iniziare.
In questa legislatura, il Presidente della Commissione Giustizia della Camera è Mario Perantoni del M5s, con due Vicepresidenti, uno della Lega e l’altro del PD, mentre il Presidente della Commissione Giustizia del Senato è Andrea Ostellari della Lega, con un Vicepresidente di FdI e una Vicepresidente del M5s.

 

ANALISI DEI CONTENUTI

SITUAZIONI PREGRESSE

Preliminarmente, va chiarito che nessuna delle otto proposte parlamentari esistenti si occupa di regolamentare i casi in cui i figli siano stati registrati col solo cognome paterno, come da normativa precedente. Rimane per loro il ricorso al Prefetto per il cambio cognome, ma questo è subordinato all’accordo tra i genitori. Tale subordinazione genera una discriminazione palese che diviene particolarmente pesante in caso di separazione o divorzio. L’unità familiare rappresentata da un cognome comune è sempre garantita, anche dopo separazione o divorzio, qualora i figli vivano con il padre o, comunque, nelle occasioni in cui trascorrano il loro tempo con lui. Non lo è invece se vivono con la madre o, comunque, nelle occasioni in cui trascorrano il loro tempo con lei, dato che alla nascita non hanno ricevuto anche il suo cognome.

Anche la disposizione finale prevista da Boldrini nella sua proposta - l’unica che si ponga il problema delle situazioni pregresse - non sottrae i figli che vivono con le madri separate o divorziate alla frequente negazione del consenso da parte di un genitore rancoroso.

Una soluzione ai problemi che così si sono determinati e si determinano è contenuta invece nel testo di una Petizione (art. 6) che è stata assegnata alle Commissioni Giustizia di Camera e Senato, ma che fin qui non ha trovato posto in nessuna delle proposte parlamentari della presente Legislatura.


COGNOME DEI CONIUGI

Solo le proposte di Gebhard, Garavini, Maiorino e Malpezzi (citate in ordine cronologico di presentazione) prevedono una sostituzione dell’attuale 143-bis (cognome maritale).

Nello specifico, le proposte di Gebhard, Garavini, Maiorino stabiliscono esclusivamente che ciascun coniuge conserva il proprio cognome. La proposta Malpezzi, invece, introduce anche la possibilità per ciascuno dei coniugi di aggiungere al proprio il cognome dell’altro coniuge, indipendentemente dunque dal sesso.
Le proposte di Boldrini, Unterberger, Dadone e Binetti non trattano il tema del 143bis, lasciando di conseguenza inalterata la disparità esistente tra i coniugi, in base alla quale la donna con il matrimonio aggiunge al proprio il cognome del marito, senza che si possa mai verificare il contrario.

 

COGNOME DEL FIGLIO/A e PARITÀ

Tutt’e otto le proposte di prefiggono di garantire una parità tra i genitori – sposati o non sposati - nell’attribuzione del cognome ai figli, saltando però a piè pari la relazione particolare madre-figlio che esiste all’atto della nascita, ovvero proprio nel momento in cui si configura il diritto del nato di ricevere uno o due cognomi.

Prevedono dunque che i genitori decidano, di comune accordo, di attribuire uno solo o entrambi i cognomi ai loro figli, nell’ordine da loro preferito.
Nel caso in cui l’accordo sul numero dei cognomi e/o sull’ordine di essi non fosse raggiunto o comunque non venisse manifestato all’ufficiale di stato civile, al primo figlio e ai figli successivi della coppia verrebbero attribuiti obbligatoriamente entrambi i cognomi dei genitori secondo una sequenza mutuata dall’ordine alfabetico.

Una strategia paritaria differente è stata formulata nella Petizione citata (art. 5). Ciò sia per quella doverosa aderenza alla realtà che tutt’e otto le proposte parlamentari scelgono di non considerare, sia perché esiste la necessità più che mai urgente di insegnare il rispetto per la figura femminile sin dalla nascita e ciò implica che la relazione primaria per prossimità neonatale del figlio con la madre non venga artificiosamente misconosciuta.
Come già detto, però, la soluzione avanzata nella petizione non ha trovato fin qui posto in nessuna delle proposte parlamentari di questa Legislatura.

Nel caso di un figlio riconosciuto da un solo genitore, si riscontrano posizioni differenti una nelle proposte parlamentari. Di saggio e condivisibile rispetto verso i figli e le madri sono quelle di Binetti e di Malpezzi.

 

IL DIRITTO DEL FIGLIO/A

Ancora un rilievo sull’ultimo punto trattato. Diversamente dalle altre, le proposte di Dadone e Maiorino postulano esplicitamente, sia pure con articoli diversi, un diritto di ciascun genitore di attribuire il proprio cognome ai figli.
Da notare che il nostro ordinamento non ha mai previsto un diritto di trasmissione (o attribuzione) per nessuno dei genitori, ma soltanto un diritto di acquisto da parte del figlio/a di un cognome (ved.
sentenza Trib. Palermo 1982), che prima della sentenza 286/2016 della Consulta era stato fatto coincidere esclusivamente, per i nati nel matrimonio e per i figli riconosciuti alla nascita da entrambi i genitori non sposati, con quello del padre.
La novità delle proposte di Dadone e Maiorino, sicuramente interessante, non appare scevra però di conseguenze. Se per un verso accresce in chiarezza il concetto di parità genitoriale e configura un diritto che, in sé considerato, appare sicuramente legittimo, per l’altro indurrebbe effetti negativi qualora fosse accompagnata da una scarsa - o addirittura inesistente - libertà del figlio di modificare il cognome o i cognomi, che ha ricevuto per diritto personale alla nascita. Abbinando le due condizioni si introdurrebbe infatti un’esorbitanza del potere genitoriale, che finirebbe col condizionare negativamente le già difficili concessioni di sostituzione del cognome, attualmente di competenza del Prefetto.

Esaminiamo allora come affrontano il diritto dei figli al cambiamento del proprio cognome le otto proposte di cui ci stiamo occupando.

 

POSSIBILITÀ DI MODIFICA DA PARTE DEL FIGLIO/A MAGGIORENNE DEL COGNOME O DEI COGNOMI RICEVUTI ALLA NASCITA

Prevedono esclusivamente la possibilità di cambiare il cognome singolo ricevuto alla nascita con il doppio cognome (dunque con quello di entrambi i genitori) tramite aggiunta ma non anteposizione: Boldrini, Gebhart, Unterberger, Malpezzi.

Garavini e Dadone non prevedono nulla al riguardo.

Maiorino articola solo per i figli nati fuori dal matrimonio la seguente possibilità: « Il figlio che ha compiuto quattordici anni può chiedere che il cognome del genitore che lo abbia riconosciuto per secondo, o per il quale si sia concluso il procedimento di accertamento, sia aggiunto anteponendolo o posponendolo a quello del genitore che lo ha riconosciuto per primo».
Nulla, invece, per i figli nati nel matrimonio o riconosciuti contestualmente dai genitori.

In nessuna proposta è contemplato il diritto del figlio/a di eliminare uno dei cognomi ricevuti, se titolare di doppio cognome.
Eppure sono ricorrenti i casi in cui una figlia/o chiede la sostituzione del cognome ricevuto (di solito il paterno) con quello dell’altro genitore, non riconoscendosi per ragioni personali nella connotazione identitaria ricevuta, non per propria volontà, alla nascita.

In tutte le proposte parlamentari esaminate, dunque, il diritto di autodeterminazione dei figli appare, in misura maggiore o minore, scarsamente rappresentato e demandato alla concessione prefettizia vigente.
La Petizione
in precedenza citata prevede invece maggiori possibilità per tutti i figli maggiorenni (art. 3).

 

CONCLUSIONE

Certamente una proposta contenuta in una petizione non può avere un iter autonomo, in quanto non è stato seguito il percorso specifico che solo le avrebbe consentito di essere affiancata alle altre proposte in condizione di piena parità.
Tuttavia la sua presentazione al Parlamento è legittima, perché regolata dall’art. 50 della Costituzione. Proprio in virtù di tale articolo, infatti, quel testo è stato annunciato in Parlamento e assegnato alla Commissione Giustizia della Camera (link)
e alla Commissione Giustizia del Senato (link).
Non appare dunque inappropriato che in sede di discussione se ne possa comunque tener conto, che una o un parlamentare decida di farla propria o che voglia ispirarsi ad essa per qualche provvidenziale emendamento, atto a rendere più efficace e moderna una legge attesa già da troppo tempo.

 

Aggiornamento del 10 novembre 2021
di un articolo del 1° dicembre 2019

 

© Iole Natoli

domenica 20 giugno 2021

Cognome Materno alla nascita e ordine dei cognomi LETTERA aperta alla Ministra dell’Interno

Alla c.a. della Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese  
e, per conoscenza,
alla Ministra per la Giustizia Marta Cartabia e
alla Ministra per le Pari Opportunità e per la Famiglia Elena Bonetti

di Iole Natoli

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Gentile Ministra Lamorgese,

quale membro di Noi Rete Donne, in data 28.03.21 avevo contribuito a un documento in cui, nel ripercorrere la contrastata storia del cognome materno e in particolare del doppio cognome in Italia, si esprimeva il forte interesse all’approvazione di una legge entro questa legislatura. Ciò perché la presenza del cognome materno in quello di figli e figlie rappresentava e rappresenta - e non solo per la rete citata - “una RIVOLUZIONE CULTURALE e non questione di sola parità”.

Nell’attesa che i lavori parlamentari vengano inaugurati e condotti una volta per tutte a compimento, io e le persone di cui alle firme in calce ci rivolgiamo intanto a Lei per esporle una richiesta attinente al tema e che riguarda una circolare della Direzione centrale per i Servizi demografici, che fa capo al Ministero dell’Interno.

A seguito della sentenza 286/2016 della Corte Costituzionale, pubblicata in G. U. con il n. 52 il 28/12 di quell’anno, la Direzione citata emanò nel mese di gennaio la circolare 1/2017, avente per oggetto l’attribuzione del cognome materno. In essa si definiva l’obbligo per l'ufficiale dello stato civile di «accogliere la richiesta dei genitori che, di comune accordo, intendano attribuire il doppio cognome, paterno e materno, al momento della nascita o al momento dell'adozione».
Data l’immediatezza dell’applicazione, alcuni neogenitori ebbero modo di attribuire il doppio cognome ai loro figli nell’ordine a loro più gradito, che prevedeva in taluni casi la priorità del materno rispetto al paterno.

Non è ben chiaro per quale ragione la stessa Direzione centrale abbia deciso di emanare nel mese di giugno la 7/2017, ovvero una seconda circolare sul tema in cui, discettando lessicalmente sul significato del termine “aggiungere” contenuto nella suddetta sentenza, stabiliva che il cognome materno avrebbe potuto seguire e mai precedere il paterno.

Sicuramente questa pesante intromissione nella vita privata delle coppie genitoriali verrà meno quando una legge sarà stata approvata. Tuttavia, poiché tale soluzione ampia e definitiva richiede inevitabilmente tempi tecnici, Le chiediamo di eliminare già adesso il pretestuoso rigurgito di patriarcato offensivo contenuto nella 7/2017, con cui si tradisce lo spirito della sentenza citata che ha chiaramente inteso privilegiare la libera decisione dei genitori senza al contempo far venir meno la presenza del cognome paterno - cosa che avrebbe richiesto o la formulazione di una norma di legge o ben altro esame della problematica, come di recente ha inteso fare la Corte, a seguito di una nuova eccezione di costituzionalità sollevata, con la nota Ordinanza di rimessione 18/2021 – e senza specificare alcunché sull’ordine dei cognomi attribuibili.

È da notare che una qualche giustificazione questa seconda circolare avrebbe potuto averla solo se l’attribuzione del doppio cognome non fosse stata subordinata al consenso di entrambi i genitori, perché, in assenza di una norma atta a regolare i casi di disaccordo, sarebbe potuto sorgere qualche problema di non facile soluzione per l’ufficiale di stato civile. Ma non era né è questa la situazione reale. La limitazione ai casi di consenso, contenuta nella sentenza, fa sì che automaticamente il dissenso non possa nemmeno palesarsi e che dunque nessun problema pratico si ponga nell’attribuzione del doppio cognome nell’ordine voluto dai genitori.

Rimarchiamo come questa seconda circolare sia portatrice di fatto e di un’esorbitanza di potere nei confronti dei cittadini, in quanto lede il loro diritto “al rispetto della propria vita privata e familiare” (art. 8, Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo), e di una discriminazione sessista nei confronti della donna (art. 14 ibidem).

Varrà forse la pena riportare una precisazione contenuta al riguardo nella sentenza del Tribunale di Strasburgo del 7 gennaio 2014.
«Una differenza è discriminatoria ai sensi dell’articolo 14 se è priva di giustificazione oggettiva e ragionevole. L’esistenza di una tale giustificazione si valuta alla luce dei principi solitamente prevalenti nelle società democratiche. Una disparità di trattamento nell’esercizio di un diritto enunciato dalla Convenzione non deve solo perseguire uno scopo legittimo: si ha violazione dell’articolo 14 anche quando non esiste “un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo prefisso”». Così al paragrafo 59 della sentenza.

Limitazioni indebite, come quelle contenute nella circolare citata, finiscono col nutrire e rinsaldare le resistenze di buona parte del Parlamento, che non a caso non ha fin qui nemmeno iniziato a discutere le proposte sul cognome materno in almeno una delle Commissioni Giustizia delle due Camere.
Di conseguenza, anche allo scopo di rendere maggiormente percepibile l’intenzione delle donne di non arrendersi e di non accettare l’infinito rinvio di una legge che risolva globalmente il problema, chiediamo oggi a Lei, Ministra Lamorgese, di intervenire per eliminare nel modo più idoneo questo vulnus democratico, che non soltanto lede la libertà di tutti i cittadini, genitori potenziali o effettivi, ma soprattutto rafforza immotivatamente quella cultura patriarcale dannosa che fa delle donne - in questo caso delle madri, ovvero giusto di coloro grazie alle quali figli e figlie vengono al mondo attraverso una gravidanza e un parto – soggetti di diritto declassabili a cittadine di rango inferiore.

20.06.2021

© Iole Natoli


Aderiscono alla richiesta:
Laura MoschiniFrancesca DragottoAngela Maria Bottari, Antonella Ida Roselli, Stefania Cavagnoli, Maria Ferrara

In qualità di membri del Gruppo FB “IL COGNOME MATERNO IN ITALIA - Procedure prefettizie e anagrafiche”, aderiscono:

Iole Granato, Federica Cagnolati, Cinzia Ciriotti, Monica Leonessa, Frida Bertolini, Christian Carmosino, Nathalie Pellegrino, Francesca Pipitone Bottini, Sara Mortoni, Elisa Martinello, Isabella Deiana, Fabiana Montemurri, Michèle Bazzanella, Sandra Amoretti, Andrea Giudice, Gabriella Olia Greco, Elena Maria Rabbi, Davide Fiorucci, Silvia Polito, Laura Oselladore, Maria Grazia Marrapodi, Santija Bieza, Nora Alunni, Barbara Gianesini, Laura Cecchini, Dafne Pasqualotto, Giovanna Ferrari, Marina Petrucci, Michela De Matteis, Elisabetta Lamagna. Dopo l'invio delle mail aderiscono anche: Francesca Cau, Laura Di Mascolo, Marcella De Carli, Maria Silvia Sacchi, Doriana Righini, Susanna Tommasi.