venerdì 5 maggio 2023

#CognomeDeiFigli e #MadriDalPartnerDelNo / Interpretazione restrittiva della sentenza 131/2022 della Consulta

Se sei nato prima del giugno 2022... resti a metà

Di Iole Natoli



Accade in Italia che la Sezione di Volontaria Giurisdizione di qualche Tribunale ordinario decida di non prender posizione in merito a una situazione pregressa, una volta chiamata ad esprimersi riguardo all’interesse del figlio da una delle #MadriDalPartnerDelNo (definizione della scrivente). Non allarmiamoci troppo, i casi potrebbero non essere numerosi, ma poiché non di tutto quel che accade è possibile essere informate ci limitiamo a supporre che ciò di cui siamo venute a conoscenza possa non costituire un fenomeno isolato.

Anno 2023, Torino. La signora Nathalie Niki Pellegrino vorrebbe che il bimbo avuto qualche anno addietro dalla sua relazione con l’ex compagno A. B. -  iniziali di convenienza - e che oltretutto abita da sempre con lei possa godere di quella compiutezza formativa dell’identità personale, che la Corte Costituzionale ha posto tra le motivazioni di base che hanno determinato la sentenza 131/2022, con cui è stata riconosciuta la TOTALE illegittimità delle norme che avevano regolato fin lì l’attribuzione del cognome a figli e figlie, consistenti nella patrilinearità obbligatoria.

Prima di quella pronuncia storica, le donne non avevano la possibilità di attribuire alla nascita il loro cognome ai figli che avevano generato - peraltro con un indubbio maggior contributo biologico dei padri, che fin qui non hanno mai condotto una gravidanza né esperito un parto -, se non dopo la sentenza 286/2016. Con essa, la Corte riconosceva il diritto dei genitori di attribuire ai figli il cognome di entrambi, a patto che si trattasse di una decisione concorde. Dato che il cognome paterno non veniva mai messo in discussione, questa “concordia” diveniva nel reale un consenso gentilmente dispensato o velenosamente negato dal padre. Insomma, un esercizio di libero arbitrio consegnato nelle mani del Maschio.

C’erano poi le situazioni pregresse, quelle per le quali i genitori di figli nati prima del 2016 potevano chiedere il cambiamento del cognome del pargolo, anche cresciutello, da singolo in doppio ovvero di entrambi i genitori. Anche qui la decisione doveva essere concorde, cosa che si traduceva in termini pratici nella gentile concessione da parte del padre all’aggiunta del cognome materno o nel diniego di tale possibilità. Da notare che, in presenza dl consenso, nessun dubbio era previsto che potesse turbare il Prefetto sull’opportunità di procedere al cambiamento. Detto diversamente, in via teorica, un ragazzo anche diciassettenne si sarebbe potuto trovare a sua insaputa con il cognome cambiato tramite aggiunta per decisione concorde dei suoi genitori, mentre un padre che avesse voluto negare il consenso alla madre avrebbe potuto addurre a motivazione che il figlio/a si era ormai identificato con un cognome soltanto e ciò perfino nel caso di un bimbo di 5 anni o anche meno.

Le situazioni pregresse esistono anche oggi. Torniamo dunque alla signora Pellegrino che non ha modo di rivolgersi alla Prefettura di competenza, in quanto l’iter di questo percorso prevede che ci sia l’assenso al cambiamento del cognome del figlio da parte dell’altro genitore, cosa che nel caso in questione NON c’è.

Sono molte le madri che si trovano in questa situazione, tante da poter formare una categoria specifica che sarei propensa a definire delle #MadriDalPartnerDelNo. I “no” possono essere molteplici. Si va dal “il mio cognome è più che sufficiente”, a “diventerebbe un cognome troppo lungo”, oppure a “Gasparuccio o Letizietta ormai è abituato/a così”, “il tuo non è per niente un bel cognome”, “la tua è una richiesta ideologica” e così via.

Ma ideologica la richiesta non è; al contrario, ha precisato la Corte nella sentenza 131/2022, effetto di un’ideologia patriarcale è stato l’abuso di limitare a quello patrilineare il cognome da attribuire alla prole. Abuso che oggi non è più possibile replicare, perché la nuova regola definita in sentenza vuole che alla nascita si attribuisca il cognome di entrambi i genitori, nell’ordine stabilito dagli stessi, e che l’opzione di un cognome singolo, della madre o del padre, possa derivare soltanto da un chiaro accordo espresso dalla coppia in tal senso. Il 1º vecchio comma dell’articolo 262 del cod. civ. non è dunque andato in soffitta ma è finito nel cestino tritarifiuti, da cui nessuno lo può più ripescare. O quasi, all’atto pratico.

Tutto chiaro oggi, grazie alla Consulta, per l’attribuzione del cognome alla nascita. Ma cosa accade per le situazioni pregresse, cioè per quelle che, come già detto, riguardano figli nati prima dell’ancora recente sentenza, che portano soltanto il cognome del padre per effetto di quel 1º comma del 262 ora defunto?
Beh, se la coppia genitoriale - convivente o meno – è d’accordo, ci si rivolge come in passato alla Prefettura e dopo alcuni mesi il problema viene risolto con l’aggiunta del cognome mancante. Se invece si appartiene per disgrazia alla folta schiera delle #MadriDalPartnerDelNo la questione si fa complicata, in quanto la via della Prefettura non è praticabile e a nulla servirebbero eventuali ricorsi. Il Prefetto ha l’obbligo di attenersi al consenso o al dissenso del genitore di cui il figlio/a ha il cognome – abitualmente il padre – e nessuno può schiodarlo da lì.

Ma cosa dice di fatto la sentenza 131/2022 in merito alle situazioni pregresse? Lo leggiamo al § 16 della stessa.
«Infine, è doveroso precisare che tutte le norme dichiarate costituzionalmente illegittime riguardano il momento attributivo del cognome al figlio, sicché la presente sentenza, dal giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, troverà applicazione alle ipotesi in cui l’attribuzione del cognome non sia ancora avvenuta, comprese quelle in cui sia pendente un procedimento giurisdizionale finalizzato a tale scopo.
Il cognome, infatti, una volta assunto, incarna in sé il nucleo della nuova identità giuridica e sociale, il che comporta che possibili vicende che incidano sullo status filiationis o istanze di modifica dello stesso cognome siano regolate da discipline distinte rispetto a quelle relative al momento attributivo. Eventuali richieste di modifica del cognome, salvo specifici interventi del legislatore, non potranno, dunque, che seguire la procedura regolata dall’art. 89 del d.P.R. n. 396 del 2000, come sostituito dall’art. 2, comma 1, del d.P.R. n. 54 del 2012».

La Corte non sta dicendo che ciò che è stato riconosciuto adesso come da sempre illegittimo diventa magicamente legittimo nel caso di attribuzioni precedenti resuscitando quel 1º comma del 262 ormai abrogato, sta dicendo invece un’altra cosa. Sta affermando che ciò che rende NON AUTOMATICA la regola ora in vigore è la constatazione che «possibili vicende» siano in grado di incidere in modo differente su quel che dalla regola discenderebbe e che pertanto, per casi non riconducibili al momento della nascita, vanno seguite le procedure che già erano state previste allo scopo. In altri termini, la Corte non sta minimamente sostenendo che una modifica che porti all’aggiunta del cognome che risulta mancante rispetto alla nuova regola non sia da considerare in linea con quanto ha prima evidenziato, circa il beneficio di cui gode il figlio quando gli è consentito di relazionarsi, tramite i cognomi dei due membri della coppia genitoriale, ad entrambe le aree familiari di appartenenza; sta dicendo che qualcosa potrebbe costituire un ostacolo oggettivo tale che questo beneficio diventi sacrificabile o che non possa essere riconosciuto come tale (pensiamo ad esempio ad adozioni intervenute o a cambiamenti di cognome già praticati). Da qui la necessità di altre vie, ovvero di quelle consuetudinarie che regolano il cambiamento del cognome.

Ora, se qualcosa è un beneficio e l’assenza di quel qualcosa è un limite se non un danno, diventa legittimo che uno dei genitori (il più delle volte la madre), impossibilitato a rivolgersi utilmente al Prefetto, sottoponga la questione al parere del Giudice della Volontaria Giurisdizione, che normalmente è chiamato ad esprimersi e dunque a decidere nel caso in cui i genitori siano di parere discorde su qualcosa ritenuto importante per il presente e il futuro del figlio/a.

Che il cognome sia importante, anzi fondamentale per la formazione dell’identità personale, la Corte lo ha dichiarato a tutto campo. Di conseguenza nel caso specifico la signora Pellegrino, concordando interamente con le valutazioni espresse dalla Corte sull’utilità del cognome di entrambi i genitori per la formazione di un’identità completa della prole, chiede che la sua istanza di cambiamento del monocognome di suo figlio sia accolta. Il Signor A. B. oppone una visione diversa delle cose, ritenendo in sostanza che, nel migliore interesse del figlio, tutto debba rimanere com’è. Cosa fa allora il Tribunale di Torino? In luogo di valutare nel merito le contrastanti affermazioni dei due genitori e decidere dunque in un senso o nell’altro, dichiara infondata l’istanza di Nathalie Niki Pellegrino in quanto la modifica dell’art. 262 comma 1 del cod. civ. non ha conseguenze applicabili alle situazioni pregresse secondo quanto scritto dalla Corte.
Certamente la Corte questo lo ha scritto, ma era questo ciò che la ricorrente aveva chiesto, o non invece la valutazione del miglior interesse del minore alla luce dell’importanza del cognome di entrambi i genitori per la completa formazione identitaria di un figlio, importanza che la Corte aveva delineato con estrema chiarezza in sentenza?

Fortunatamente, esiste almeno un esempio diverso, fornito lo scorso anno dal Tribunale di Pesaro che ha optato per il riconoscimento del diritto del minore a un’identità anagrafica completa. Non sappiamo se ci siano stati altri esiti presso differenti Tribunali, esemplificativi di una soluzione o dell’altra.

Rileviamo però un particolare. Nel brano della sentenza oggetto dell’interpretazione controversa, c’è un inciso che non è indirizzato ai Tribunali. Per le situazioni pregresse le vie praticabili, scrive la Corte, restano quelle precedenti «salvo specifici interventi del legislatore». E allora sorge spontanea una domanda. Non potrebbero i e le parlamentari prendere atto di questi problemi e tagliare tali nodi gordiani alla radice, aggiungendo alle loro proposte qualche norma, per armonizzare col senso stesso della sentenza 131/2022 della Consulta le problematiche situazioni pregresse?

 

6 Maggio 2023 data e ora italiana

© Iole Natoli

Nota: immagine di pixabay.com.it   

martedì 2 maggio 2023

Lettera aperta / Calendarizzare la discussione in Commissione per la Legge ormai obbligatoria sul #COGNOME

L’eterno sonno del Parlamento italiano sul Cognome da attribuire alla prole

Di Iole Natoli

giornalista e blogger, autrice della Petizione “Nuove disposizioni sul nome della persona e sul cognome dei coniugi e dei figli”, assegnata alle due Commissioni Giustizia di Senato (il 20.12.2022 col n. 189) e Camera (il 13.01.2023 col n. 124).

Ai Presidenti e Vice Presidenti del Senato e della Camera, ai Presidenti e Vicepresidenti delle Commissioni Giustizia.

di pixabay.com.it



Buongiorno Presidenti e Vicepresidenti sopra citati.

La sentenza 131/2022 della Consulta sul cognome dei figli ha stabilito la totale incostituzionalità delle norme che hanno regolato prima di allora l’attribuzione del cognome alla prole e che erano fondate sulla patrilinearità assoluta o, solo dopo la sentenza del 2016, sul vincolante consenso di tutti e due i genitori per l’assegnazione del cognome di entrambi.

In sostanza, con la 131/2022 la Corte ha ribaltato la questione del consenso, rendendolo vincolante non più per l’attribuzione del doppio ma del cognome singolo e precisando che nessuna prevalenza può essere legittimamente attribuita al cognome paterno rispetto a quello materno, o viceversa.

Alcune situazioni però non sono state risolte, in quanto dipendenti da una nuova legge ovviamente spettante al Parlamento, di cui la Corte ha ancora una volta sollecitato l’approvazione.
Tra queste situazioni rileviamo:

1 – la decisione sull’ordine degli elementi (materno e paterno, oppure paterno e materno) nel doppio cognome, che al momento resta affidata al giudice in caso di dissenso, perché manca un’indicazione di legge atta a conferire all’Ufficiale di stato civile il mezzo più idoneo per risolvere da sé l’eventuale conflitto;

2 – la definizione stessa di doppio cognome come composto da due elementi scindibili, al fine di poterne attribuire solo uno per ciascun genitore alla prole, evitando la moltiplicazione dei cognomi.
Ciò si rende necessario già adesso ogni qualvolta uno o entrambi i genitori abbiano più di un cognome, come nel caso di soggetti provenienti da una terra di cultura spagnola o portoghese.

Preghiamo dunque i Presidenti e Vicepresidenti indicati di voler calendarizzare l’inizio dei lavori necessari per pervenire senza ulteriori ritardi a una legge, segnalando altresì:

a - la necessità di non creare discriminazioni di sorta con l’attribuire occulte precedenze, attraverso il linguaggio, derivanti solo dalla normativa interamente abrogata.
Utile attenersi nella formulazione linguistica all’ordine alfabetico – la M di madre precede in tale ordine la P di padre – oppure optare per la stessa formulazione asettica utilizzata dalla Corte che ha usato il maschile “genitore” in funzione di neutro, come accade usualmente nelle leggi, replicando insistentemente la formula “l’uno o l’altro genitore”:

b - l’opportunità che l’Ufficiale di stato civile ricorra per risolvere i casi di dissenso sull’ordine dei cognomi nel doppio non all’ordine alfabetico - che lascerebbe privi di possibilità paritarie reali nel confronto con l’altro genitore coloro i cui cognomi inizino con V o, peggio ancora, con Z - ma al sorteggio. Non c’è ragione di essere obbligati a ricorrere al giudice per qualcosa che può essere risolto direttamente in sede di registrazione anagrafica.
Gli Uffici anagrafici del Lussemburgo hanno adottato ormai da diversi anni tale soluzione democratica, più indicata dell’ordine alfabetico per un confronto tra gli interessati che sia scevro di ogni aspetto vessatorio, senza che ciò presentasse difficoltà d’un qualche tipo;

c – una nuova regolamentazione delle situazioni pregresse che sia conforme alle MOTIVAZIONI espresse dalla Corte nella sentenza, con cui è stato posto in evidenza il maggior vantaggio che reca al figlio/a il cognome di entrambi i genitori in luogo di uno singolo.

Ringraziamo per la cortese attenzione.

3 Maggio 2023, data e ora italiana


Adesioni: Silvia Magistri, Nathalie Pellegrino, Marina Petrucci, Concetta Garofalo, Cinzia Ciriotti, Laura Cima, Adriana Terzo, Ekaterina Menchetti, Helena Caruso, Eliana Rasera, Maria Luisa Battiato, Emanuela Menotti, Letterio Mulfaro, Marcella Mariani, Giovanna Berna, Carlotta Ferrari degli Uberti, Ambra Leoncini, Iole Granato, Emanuele Tosi, Paola Chirico, Nicol Lazzarini, Sofia Venturoli, Fabio Nascimbeni, Angela Maria Bottari, Giuseppe Calamita, Giovanna Ferrari, Frida Bertolini, Linda Martini, Antonella Paloscia, Monica Leonessa, Manuela L'Innocente

Inviata ai destinatari alle h 20:16 e 20:25 del 4 maggio 2023

 

© Iole Natoli

Dopo l'invio della mail hanno aderito Francesca Accornero Beatrice Diana Carli, Maria Dell'Anno, Francesca Dragotto, Francesca Manna.

Nota: immagine di pixabay.com/it: https://pixabay.com/it/photos/fratelli-ragazzi-affetto-bambini-457234/