Cause, Proposte, Gruppi … e incomprensioni, per un progetto di trasformazione sociale di Iole Natoli
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A dimostrazione del fatto che anche le donne possono non
capire nulla di simbologie patriarcali e di pericolosi condizionamenti
sotterranei esce su Il Tempo on line un attacco
alla Ministra delle Pari opportunità, Elena Bonetti, affidato
alla conduttrice e opinionista Hoara Borselli. Colpa della ministra sarebbe quella di aver pronunciato la frase «Ai
figli il cognome della madre. Basta rinviare la libertà delle donne», in
relazione alla proposta di legge per il cognome materno ai figli, in
discussione alla commissione giustizia del Senato. Peccato che la frase sia soltanto il titolo con cui Il
Corriere presenta l’articolo
di Maria Teresa Meli e che la ministra si limiti a
dire, in relazione al cognome dei figli, che la «libertà di scelta è importante, mentre oggi c’è la
prevalenza del cognome maschile». Peccato, dunque, che non abbia per nulla usato la parola libertà
nell’accezione onnicomprensiva che le
viene attribuita da Borselli. La motivazione più profonda probabilmente va individuata in quella cecità abitudinaria che si riscontra purtroppo in molte donne. Come ha scritto di recente la giornalista femminista Monica Lanfranco, «il cognome non è solo una scelta tecnica: è una questione di potere, visibilità sociale e autorevolezza, negata alle donne e dalle donne stesse spesso sottovalutata. Pensare che la lotta per il cognome materno, che forse in questo 2022 potrebbe diventare legge, grazie alla tenacia di molte attiviste (…), sia una questione secondaria significa non vedere il meccanismo omissivo, segregativo, cancellatorio, invisibilizzante delle madri». Quelle donne che, invece, hanno sempre avuto una lucida consapevolezza del problema ringraziano sinceramente la ministra Bonetti, rilevando che è la prima volta che una donna di governo fa sua la loro causa e prova a supportarla con impegno. Ringraziano anche tutte le parlamentari che negli anni
hanno tentato di aprire una breccia nel muro dei NO senza riuscirci. Sono
tante. Con la collaborazione di altre due amministratrici, ne conduco due anch’io, uno privato e, più di recente, anche uno pubblico. Prima di me, però, ci avevano pensato con successo Franco Perini e Francesca Manna, con il loro Libertà di scelta nella trasmissione del cognome ai figli. Perché allora ne ho aperto degli altri? Per una ragione molto semplice. Benché dopo la sentenza della CEDU del 2014 io abbia optato per una Proposta di legge che prevedesse anche la possibilità del cognome unico a scelta, redigendo nuove Petizioni la cui ultima è del 2018, all’epoca lavoravo invece per una legge sul doppio cognome obbligatorio. Mantenere separati i due orientamenti, dunque, era a quel tempo l’unica via praticabile. In ogni caso, tra questi gruppi ci sono sempre stati contatti frequenti, incrementatisi negli ultimi anni, com’è ovvio che accada quando si lavora con serietà e impegno per un obiettivo sociale comune. Sarà la volta buona, la legge tanto attesa vedrà questa volta la luce? Lo si spera sinceramente da più parti. «Se questa legge non trovasse una fortissima ostilità, l'avrebbero approvata da tempo», ha scritto di recente Iole Granato, commentando su FB l’attacco alla ministra Bonetti. «Mi pare che certe reazioni negative sottolineino, piuttosto, la portata culturale di un cambiamento del genere». Condividiamo in pieno il suo pensiero. |
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23 febbraio 2022 |