martedì 9 novembre 2021

Nella XVIII Legislatura OTTO PROPOSTE sul COGNOME MATERNO

Il Cognome Materno a Figli e Figlie attende ancora un testo unificato

di Iole Natoli

Ciò che difetta in tutte le proposte è il diritto personale del nuovo nato, implicante il concetto di relazione che lo lega alla madre e solo a lei al tempo della nascita.

Tale assenza deriva da un'impostazione che guarda ancora al mondo patriarcale.

Conseguentemente, nel fare del diritto femminile una mera fotocopia del già esistente diritto maschile, si propone una falsa uguaglianza uomo-donna, ottenuta con l’occultamento forzoso e dunque autoritario della diversità.
 

ELENCO DELLE PROPOSTE PARLAMENTARI della XVIII Legislatura
In qualità di prime firmatarie, hanno presentato proposte otto parlamentari. In ordine cronologico crescente:

 

2018

23 marzo 

Camera

Testo

Laura Boldrini

PD   (ex LeU)

2018

23 marzo 

Camera

Testo

Renate Gebhard

Südtiroler Volkspartei

2018

11 luglio  

Senato

Testo

Julia Unterberger

Südtiroler Volkspartei

2018

17 luglio  

Senato

Testo

Laura Garavini

Italia Viva   (ex PD)

2018

12 ottobre 

Camera

Testo

Fabiana Dadone

M5s

2019

28 gennaio 

Senato

Testo

Alessandra Maiorino

M5s

2021

25 febbraio

Senato

Testo

Paola Binetti

Forza Italia

2021

10 giugno

Senato

Testo

Simona Malpezzi

PD

In sostanza, tre proposte alla Camera e cinque al Senato. Né alla Camera né al Senato ha avuto inizio in Commissione Giustizia la discussione, che serve a pervenire a un testo unificato e precede la discussione in assemblea. Si direbbe che alle due Presidenze non faccia piacere iniziare.
In questa legislatura, il Presidente della Commissione Giustizia della Camera è Mario Perantoni del M5s, con due Vicepresidenti, uno della Lega e l’altro del PD, mentre il Presidente della Commissione Giustizia del Senato è Andrea Ostellari della Lega, con un Vicepresidente di FdI e una Vicepresidente del M5s.

 

ANALISI DEI CONTENUTI

SITUAZIONI PREGRESSE

Preliminarmente, va chiarito che nessuna delle otto proposte parlamentari esistenti si occupa di regolamentare i casi in cui i figli siano stati registrati col solo cognome paterno, come da normativa precedente. Rimane per loro il ricorso al Prefetto per il cambio cognome, ma questo è subordinato all’accordo tra i genitori. Tale subordinazione genera una discriminazione palese che diviene particolarmente pesante in caso di separazione o divorzio. L’unità familiare rappresentata da un cognome comune è sempre garantita, anche dopo separazione o divorzio, qualora i figli vivano con il padre o, comunque, nelle occasioni in cui trascorrano il loro tempo con lui. Non lo è invece se vivono con la madre o, comunque, nelle occasioni in cui trascorrano il loro tempo con lei, dato che alla nascita non hanno ricevuto anche il suo cognome.

Anche la disposizione finale prevista da Boldrini nella sua proposta - l’unica che si ponga il problema delle situazioni pregresse - non sottrae i figli che vivono con le madri separate o divorziate alla frequente negazione del consenso da parte di un genitore rancoroso.

Una soluzione ai problemi che così si sono determinati e si determinano è contenuta invece nel testo di una Petizione (art. 6) che è stata assegnata alle Commissioni Giustizia di Camera e Senato, ma che fin qui non ha trovato posto in nessuna delle proposte parlamentari della presente Legislatura.


COGNOME DEI CONIUGI

Solo le proposte di Gebhard, Garavini, Maiorino e Malpezzi (citate in ordine cronologico di presentazione) prevedono una sostituzione dell’attuale 143-bis (cognome maritale).

Nello specifico, le proposte di Gebhard, Garavini, Maiorino stabiliscono esclusivamente che ciascun coniuge conserva il proprio cognome. La proposta Malpezzi, invece, introduce anche la possibilità per ciascuno dei coniugi di aggiungere al proprio il cognome dell’altro coniuge, indipendentemente dunque dal sesso.
Le proposte di Boldrini, Unterberger, Dadone e Binetti non trattano il tema del 143bis, lasciando di conseguenza inalterata la disparità esistente tra i coniugi, in base alla quale la donna con il matrimonio aggiunge al proprio il cognome del marito, senza che si possa mai verificare il contrario.

 

COGNOME DEL FIGLIO/A e PARITÀ

Tutt’e otto le proposte di prefiggono di garantire una parità tra i genitori – sposati o non sposati - nell’attribuzione del cognome ai figli, saltando però a piè pari la relazione particolare madre-figlio che esiste all’atto della nascita, ovvero proprio nel momento in cui si configura il diritto del nato di ricevere uno o due cognomi.

Prevedono dunque che i genitori decidano, di comune accordo, di attribuire uno solo o entrambi i cognomi ai loro figli, nell’ordine da loro preferito.
Nel caso in cui l’accordo sul numero dei cognomi e/o sull’ordine di essi non fosse raggiunto o comunque non venisse manifestato all’ufficiale di stato civile, al primo figlio e ai figli successivi della coppia verrebbero attribuiti obbligatoriamente entrambi i cognomi dei genitori secondo una sequenza mutuata dall’ordine alfabetico.

Una strategia paritaria differente è stata formulata nella Petizione citata (art. 5). Ciò sia per quella doverosa aderenza alla realtà che tutt’e otto le proposte parlamentari scelgono di non considerare, sia perché esiste la necessità più che mai urgente di insegnare il rispetto per la figura femminile sin dalla nascita e ciò implica che la relazione primaria per prossimità neonatale del figlio con la madre non venga artificiosamente misconosciuta.
Come già detto, però, la soluzione avanzata nella petizione non ha trovato fin qui posto in nessuna delle proposte parlamentari di questa Legislatura.

Nel caso di un figlio riconosciuto da un solo genitore, si riscontrano posizioni differenti una nelle proposte parlamentari. Di saggio e condivisibile rispetto verso i figli e le madri sono quelle di Binetti e di Malpezzi.

 

IL DIRITTO DEL FIGLIO/A

Ancora un rilievo sull’ultimo punto trattato. Diversamente dalle altre, le proposte di Dadone e Maiorino postulano esplicitamente, sia pure con articoli diversi, un diritto di ciascun genitore di attribuire il proprio cognome ai figli.
Da notare che il nostro ordinamento non ha mai previsto un diritto di trasmissione (o attribuzione) per nessuno dei genitori, ma soltanto un diritto di acquisto da parte del figlio/a di un cognome (ved.
sentenza Trib. Palermo 1982), che prima della sentenza 286/2016 della Consulta era stato fatto coincidere esclusivamente, per i nati nel matrimonio e per i figli riconosciuti alla nascita da entrambi i genitori non sposati, con quello del padre.
La novità delle proposte di Dadone e Maiorino, sicuramente interessante, non appare scevra però di conseguenze. Se per un verso accresce in chiarezza il concetto di parità genitoriale e configura un diritto che, in sé considerato, appare sicuramente legittimo, per l’altro indurrebbe effetti negativi qualora fosse accompagnata da una scarsa - o addirittura inesistente - libertà del figlio di modificare il cognome o i cognomi, che ha ricevuto per diritto personale alla nascita. Abbinando le due condizioni si introdurrebbe infatti un’esorbitanza del potere genitoriale, che finirebbe col condizionare negativamente le già difficili concessioni di sostituzione del cognome, attualmente di competenza del Prefetto.

Esaminiamo allora come affrontano il diritto dei figli al cambiamento del proprio cognome le otto proposte di cui ci stiamo occupando.

 

POSSIBILITÀ DI MODIFICA DA PARTE DEL FIGLIO/A MAGGIORENNE DEL COGNOME O DEI COGNOMI RICEVUTI ALLA NASCITA

Prevedono esclusivamente la possibilità di cambiare il cognome singolo ricevuto alla nascita con il doppio cognome (dunque con quello di entrambi i genitori) tramite aggiunta ma non anteposizione: Boldrini, Gebhart, Unterberger, Malpezzi.

Garavini e Dadone non prevedono nulla al riguardo.

Maiorino articola solo per i figli nati fuori dal matrimonio la seguente possibilità: « Il figlio che ha compiuto quattordici anni può chiedere che il cognome del genitore che lo abbia riconosciuto per secondo, o per il quale si sia concluso il procedimento di accertamento, sia aggiunto anteponendolo o posponendolo a quello del genitore che lo ha riconosciuto per primo».
Nulla, invece, per i figli nati nel matrimonio o riconosciuti contestualmente dai genitori.

In nessuna proposta è contemplato il diritto del figlio/a di eliminare uno dei cognomi ricevuti, se titolare di doppio cognome.
Eppure sono ricorrenti i casi in cui una figlia/o chiede la sostituzione del cognome ricevuto (di solito il paterno) con quello dell’altro genitore, non riconoscendosi per ragioni personali nella connotazione identitaria ricevuta, non per propria volontà, alla nascita.

In tutte le proposte parlamentari esaminate, dunque, il diritto di autodeterminazione dei figli appare, in misura maggiore o minore, scarsamente rappresentato e demandato alla concessione prefettizia vigente.
La Petizione
in precedenza citata prevede invece maggiori possibilità per tutti i figli maggiorenni (art. 3).

 

CONCLUSIONE

Certamente una proposta contenuta in una petizione non può avere un iter autonomo, in quanto non è stato seguito il percorso specifico che solo le avrebbe consentito di essere affiancata alle altre proposte in condizione di piena parità.
Tuttavia la sua presentazione al Parlamento è legittima, perché regolata dall’art. 50 della Costituzione. Proprio in virtù di tale articolo, infatti, quel testo è stato annunciato in Parlamento e assegnato alla Commissione Giustizia della Camera (link)
e alla Commissione Giustizia del Senato (link).
Non appare dunque inappropriato che in sede di discussione se ne possa comunque tener conto, che una o un parlamentare decida di farla propria o che voglia ispirarsi ad essa per qualche provvidenziale emendamento, atto a rendere più efficace e moderna una legge attesa già da troppo tempo.

 

Aggiornamento del 10 novembre 2021
di un articolo del 1° dicembre 2019

 

© Iole Natoli

Nessun commento:

Posta un commento