Mi
chiamano, dunque sono |
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(I.N.) Dei social si dice di tutto, ultimamente si parla molto male e a ragione. Eppure esistono gruppi che perseguono scopi importanti e lo fanno con assiduità e competenza, senza lasciare nulla al caso e senza lesinare riflessioni accurate. Alla lotta per il Cognome materno ho dedicato negli anni diverse petizioni e un gruppo FB fondato nel 2010. Da tale gruppo sono emerse altre voci, una nuova petizione dedicata alle nascite precedenti alla sentenza 131/2022 della Corte costituzionale e il testo di Giovanna Berna, cui si dà spazio oggi in questo Blog.
Mi chiamano, dunque sono. Niente altro al mondo come un suono può avere la capacità di ricongiungerci immediatamente a un’esperienza, a un ricordo, richiamare la nostra attenzione nell’immediato, risvegliare la nostra coscienza. Il prenome, detto abitualmente nome, è un insieme di poche lettere dell’alfabeto, il cui suono si imprime nel profondo di noi. Impariamo subito, velocemente e sempre, anche nelle condizioni più avverse, che quelle poche sillabe sono la nostra identità, il nostro esistere nel mondo. Il cognome rafforza ulteriormente la nostra identità, simboleggia la nostra origine e appartenenza a un gruppo di esseri umani - e per estensione al consesso umano tutto - quello da cui siamo nate e nati, di cui siamo parte e anche continuazione. Poche sillabe, simboliche ed efficaci come una frase musicale, che risuonano per informarci che siamo, per informare di noi la realtà. Negare alle donne la trasmissione del cognome ha privato le figlie e i figli del senso di esistere a pieno titolo, di appartenere anche alla famiglia materna, relegando la madre e la sua famiglia a un ruolo secondario - una sorta di casta inferiore, non degna di essere nominata e tramandata. Finalmente, in data 27 aprile 2022 la sentenza della Consulta n.131, pubblicata in G.U. l’1/06/2022, ha dichiarato incostituzionale la trasmissione automatica del solo cognome paterno, decretandone, quindi l’illegittimità. In condizione di vacatio legis, la trasmissione di entrambi i cognomi alle figlie ed ai figli sta rischiando però di assumere i connotati di un'opzione, anziché di una assoluta necessità, individuale e sociale. Nell’attesa di una legge che consenta un’applicazione a pieno titolo della Sentenza della Corte costituzionale n.131/2022, si rischia di perdersi in silenzi, omissioni, dotte citazioni volte a perpetuare lo status quo, senza lasciar apparire che stia succedendo, secondo le consuete strategie conservatrici. La sentenza precedente della Corte del 2016 consentiva di poter aggiungere il cognome materno a quello paterno, rigorosamente in quest’ordine, ma solo con il consenso del padre. Consenso molto spesso negato, come sanno bene le tante donne, che da anni lottano affinché la loro richiesta possa essere presa in considerazione, soprattutto nell’interesse dei loro figli e figlie. Eppure, siamo quando ci chiamano. Il silenzio ammanta di nebbia la nostra identità. Ma ancora, genericamente, i figli si chiamano “figli” (del padre) e le figlie sono sottintese. Anche le madri sono sottintese, non si nominano, non “si chiamano” – non sono. Appare della massima importanza, quindi, che la legge debba poter essere utilizzata anche per tutte le bambine e i bambini nati prima del 2022, affinché possano sentirsi parte integrante di tutta la loro famiglia, affinché possano rafforzarsi i legami tra fratelli e sorelle, anche tra quelli nati da diverse relazioni, in osservanza del principio di uguaglianza previsto dalla Costituzione, perché possa essere interpretato nel senso più alto e più giusto il contenuto della sentenza n.131/2022. Ogni cosa esiste solo se nominata. Ogni persona esiste se chiamata, con nome. E cognome.
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23 Gennaio 2024 |
Il cognome patrilineare, in Italia come in ogni Paese in cui vige, è il burqa culturale delle donne (©Iole Natoli).
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