Il 30% delle richieste di cambio
anagrafico chiede l'aggiunta del nome della madre
Diritto al cognome
Intervista
a Iole Natoli: "nessuna legge ci costringe ad adottare il nome
paterno"
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di Marta Ajò
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da: L’Indro (link)
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Nelle
6.000 richieste di cambiamento del proprio cognome, che negli ultimi due anni
sono state avanzate nel nostro Paese, si può dire che la tipologia più
diffusa, al 30%, è la richiesta di aggiunta di quello materno, seguita da un
20% per la richiesta di sostituzione del cognome paterno con quello materno,
cui seguono, in percentuale nettamente inferiore, richieste per
l’acquisizione di un cognome d’arte o il ripristino del cognome di origine. Fino
ad oggi, cambiare il cognome era una pratica molto lunga ed una procedura
riservata ai portatori di cognomi ridicoli o disdicevoli, o ai casi di
estinzione di cognomi per assenza di discendenti maschi, o ancora ai cognomi
di particolare rilievo, per lo più di natura nobiliare o commerciale.
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Il cognome patrilineare, in Italia come in ogni Paese in cui vige, è il burqa culturale delle donne (©Iole Natoli).
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mercoledì 16 maggio 2012
SOCIETÀ E DIRITTO / Marta Ajò intervista Iole Natoli sul COGNOME MATERNO
SOCIETÀ E DIRITTO / Caterina Della Torre intervista Iole Natoli sul COGNOME MATERNO
Il mio nome non è peggio del tuo
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di Caterina Della Torre
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da: Dol's Magazine (link)
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Così
si intitolava un articolo di un quotidiano palermitano che Iole Natoli,
la fiera propugnatrice della prima istanza sul cognome materno, mi ha inviato
tempo fa perchè potessi conoscere tutto il processo mentale e
legale che l’aveva spinta a portare avanti questa battaglia già dai
lontani anni 80. Iniziativa che tanto personale non è, visto che coinvolge
tutte le donne italiane che danno, hanno dato o daranno alla luce un figlio.
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Piccolina,
con occhi vivaci e parola sciolta, vestita di un’eleganza disinvolta che si
scompigliava quando mi parlava e raccontava la sua esperienza.
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Mai
avrei detto che dietro quella persona si nascondevano una pittrice,
un’illustratrice ed una scrittrice.
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martedì 15 maggio 2012
SOCIETÀ / Il linguaggio patriarcale e IL COGNOME
QUANDO L’ARTICOLO
DETERMINA UN PO’ TROPPO
IL
SALVAGENTE LINGUISTICO DEGLI UOMINI
di Iole
Natoli
I
quotidiani abbondano del “la”. Non di una nota musicale, no: di un
banalissimo articolo femminile, senza il quale i giornalisti nostrani
perdono, come si suole dire, la trebisonda. Come faranno mai a scrivere, i
tapini, senza il prezioso discrimine del sesso?
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Fatto
salvo qualche raro tentativo recente - successivo a lettere di protesta delle
donne - continuano a farci leggere, imperterriti, “la” Fornero, “la” Camusso,
“la” Turco, “la” Bongiorno… in saecula
saeculorum e anche amen, per
confermare la patriarcale coscienza mai sopita.
Nessuno
dice o scrive "il" Passera, “il” Bersani, “il Casini” o
"il" Monti. La necessità psicologico-linguistica di specificare il
sesso della persona, titolare di un qualche cognome, va al di là della
questione dei ruoli riservati nei tempi andati solo agli uomini. I ruoli
hanno a che fare con professioni un tempo esclusivamente maschili, ma per quanto
concerne il COGNOME, c’è qualcosa di più profondo di questo.
E infatti giornalisti e conduttori non scrivono e dicono solo
"la" Severino e "la" Merkel, ma "la"
Littizzetto", "la" Sastri, "la" Maraini, "la"
Ferilli, "la" Dandini, di contro a Saviano, Baudo, Camilleri, Abatantuono e così via.
La questione non è dunque legata al ruolo, come diffusamente si ritiene,
ma alle caratteristiche intrinseche del cognome,
che è sentito come appannaggio
maschile, di cui le donne fruiscono quasi per caso. Un cognome rimanda
automaticamente al "MASCHIO"; che possa essere riferito a una
"FEMMINA" va spiegato, diligentemente, a tutto il popolo.
Accertato che il pensiero latente è proprio questo… RIAPPROPRIAMOCI DEL
COGNOME, ORA, DONNE!
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Milano,
16.05.2012
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©Iole Natoli
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