Alcuni punti su cui occorre
riflettere per una
legge concretamente efficace |
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Egregie Senatrici ed Egregi Senatori, Egregia Presidente della Commissione Giustizia, Siamo convinte che l’obiettivo di tutte le proposte depositate e della
maggior parte degli interventi effettuati sia stato quello di delineare una
legge seriamente innovativa, attenta al riequilibrio di genere e in grado di
risultare quanto più possibile incisiva sul presente e sul futuro della
popolazione italiana. Nel quadro dell’interesse comune che è di pervenire a una riforma che risulti concretamente efficace, supponendo che sia ormai prossima la redazione del testo unificato, segnaliamo i punti a nostro avviso salienti a cui la legge dovrebbe informarsi. • Il primo consiste nell’EVITARE in assoluto un linguaggio che riconnetta
al passato. Quest’aspetto va valutato. Non si sta lavorando a una legge per rassicurare nell’esercizio del potere gli uomini, ma per sottrarre loro quello in eccesso, rendendoli consapevoli del necessario rispetto nei confronti delle donne, ovvero dell’uguaglianza di genere. Può sembrare un dettaglio di poco rilievo ma è esattamente il contrario; per contribuire a un cambio di mentalità bisogna partire dalle parole, sostituendo abitudini falsamente innocue. • Il secondo punto riguarda il cognome dei coniugi. Aggiungiamo un’osservazione ulteriore, assolutamente non secondaria. In una fase in cui la dipendenza dall’antica concezione patriarcale è
tutt’altro che superata e condiziona profondamente la psiche non soltanto
maschile, rendere più stringente la connotazione della coppia coniugale con
una formula che garantisse la possibile modificazione delle identità
soggettive dei contraenti matrimonio potrebbe alimentare, in non pochi uomini,
quel senso di possesso che è alla base di tanti episodi di violenza sulle
donne, compresi i femminicidi. Ciò perché ogni scissione successiva al
vincolo celebrato o soltanto promesso potrebbe esser vissuta, ancor più di
quanto accada già adesso, come un disastro inconcepibile, una dissoluzione
non preventivata di un’unione percepita, a livello psicologico, come
indissolubile. • Il terzo punto concerne la necessità di porre in primo piano il cognome di entrambi i coniugi, di farne in altri termini la “regola” [7], rispetto alla quale il cognome di uno solo dei due deve essere inteso e dunque comunicato dalla legge come “deroga”. • Il quarto punto attiene all’ordine dei cognomi
nel doppio e alla necessità che una tutela delle decisioni della donna ci
sia. No dunque al padre che si fa latore della volontà di entrambi senza
un’effettiva possibilità di controllo. Occorre individuare un sistema, da varare
immediatamente a mezzo di norme autoapplicative, che tuteli il diritto
delle madri – come evidenziato in alcune utilissime audizioni e
ultimamente sia dalla Dott.ssa Sandra Sarti, già Prefetta della
Repubblica (10ª audizione, ved. nota 3), sia dalla Prof.ssa Silvia Illari dell’Università di
Pavia (11ª audizione, nota 8) – se non altro per rispetto di quel faticoso travaglio di gravidanza e
parto, che le madri e non i padri affrontano e portano a termine. • Il quinto punto verte sulla necessità di
regolare le situazioni pregresse [11]. Appare necessario
eliminare il consenso dell’altro genitore per evitare la discriminazione
patita non solo dalle madri ma in primo luogo dai figli. A causa dell’assenza
di un provvedimento – in nessuno dei quattro Ddl c’è qualcosa in proposito
[12] – questi non solo non potrebbero fruire di quel vantaggio per il
loro sviluppo che la sentenza 131/2022 della Corte costituzionale [13] ha messo in luce, derivante dal collegamento con
entrambi i rami parentali, ma sarebbero addirittura costretti a vivere
situazioni di esclusione in caso di nuove unioni e altre filiazioni della
madre, non avendo nessun cognome in comune con lei e con i nuovi fratelli. Concludiamo ricordando che la sentenza 131/2022 della Consulta non nasce
da una gentile concessione dei giudici in virtù di un costume sociale mutato,
ma dal riconoscimento espresso dalla Corte dell’incostituzionalità
della prassi precedente ab origine, perché desunta dagli
stessi articoli della nostra Costituzione, in vigore dal 1º gennaio del 1948. Ringraziamo per la cortese lettura e porgiamo i nostri migliori saluti. Iole Natoli, Giovanna Berna, Iole Granato, Francesca Pipitone Bottini, Erica
Villa, Aderiscono:
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Link di riferimento ai temi trattati nel testo: [1] Quattro Ddl
del Senato: [2] Primogenitura
linguistica accordata al “cognome del padre” [3] 10ª
audizione: [4] Collegamenti
tra “cugini”: [5] Tre dei
quattro Ddl: [6] Julia
Unterberger, obbligo di aggiunta per la sola donna: [7] “Regola” e
“Deroga” [8] 11ª
audizione: [9] Ordine dei
cognomi e disaccordo: [10] Iole Natoli,
petizioni e lettere aperte [11] Situazioni
pregresse: [12] Ilaria
Cucchi, DdL 918 [13] Sentenza 131/2022 della Corte costituzionale [14] Il
Cognome Materno in Italia - Procedure prefettizie e anagrafiche [15] Questioni
di Genere (tra cui Cognome Materno e art,143bis c.c.) Link immagine: https://it.freepik.com/foto-gratuito/giovane-famiglia-in-strada_1132340.htm#fromView=keyword&page=3&position=28 |
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23 Novembre 2024
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Il cognome patrilineare, in Italia come in ogni Paese in cui vige, è il burqa culturale delle donne (©Iole Natoli).
sabato 23 novembre 2024
Lettera aperta alla Commissione Giustizia del Senato Approdo in vista al testo sul #COGNOME?
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