PATRIARCATO, NON UN ADDIO MA UN CRUDO ARRIVEDERCI Una Riforma che guarda troppo al passato di Iole Natoli |
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“PATRIARCATO ADDIO!”, titolava un articolo on line, riportando nei suoi punti essenziali il testo delle “Modifiche al codice civile in materia di cognome dei coniugi e dei figli” approvato dalla Commissione permanente Giustizia della Camera, che dovrà ora essere sottoposto all’Assemblea. In effetti, un addio avremmo voluto proprio che fosse e tuttavia, malgrado taluni facili entusiasmi, le cose non stanno così. È sparito dal testo licenziato quel consenso del padre, ignominiosamente previsto nell’A. C. governativo n. 2123, che aveva suscitato reazioni sdegnate e l'invio a parlamentari di entrambe le Camere di una mia petizione per l’introduzione di un emendamento specifico. Quell’infame consenso è sparito forse per questo? Non creiamoci inutili illusioni. È mia impressione che le proteste del pubblico non scalfiscano minimamente chi le riceve, a dispetto di una normativa che prevede espressamente la lettura delle petizioni presentate e dunque una qualche meditazione sui contenuti. Non lo credo perché so che il popolo non ha dalla sua quell’arma delle sanzioni che sono invece appannaggio della Corte Europea, la quale non esisterebbe a comminarle se soltanto si tentasse di far passare una simile prevaricazione di genere. Sotto l’attenta lente della Corte lo Stato italiano c’è già. Vi è stato posto dalla propria irragionevolezza, alla quale si è opposta con tenacia la coppia Alessandra Cusan e Luigi Fazzo. promuovendo nel 2007 un ricorso che ha portato - ben sette anni dopo - alla sentenza di condanna del 7 gennaio 2014. Grazie a quella sentenza, oggi lo Stato ha l’obbligo di dimostrare alla Corte Europea che sta provvedendo alle modifiche e che nel farlo non sta operando nuove discriminazioni. Lo scampato pericolo del consenso del pater familias non ha però cancellato altre storture incombenti, quali quelle dell’ordine alfabetico, in relazione alla sequenza dei cognomi di un figlio cui si voglia attribuire il doppio cognome, e delle possibilità di modifica del proprio cognome da parte del figlio che abbia raggiunto la maggiore età. Sottoponiamo ad esame il primo punto. «Art. 143-quater. – (Cognome
del figlio nato nel matrimonio). L'ordine alfabetico è
la scorciatoia più facile di cui si sono avvalsi altri Paesi, tra i quali
troviamo la Francia. Questo non cambia la sostanza del problema, ovvero che
il ricorso all’ordine alfabetico serve solo a nascondere due cose. In pratica siamo dinanzi a una SOLUZIONE AUTORITARIA, che introduce per la prima volta un presunto diritto di “trasmissione” dall'alto CONTRO il diritto di acquisto di cui è stato ed è titolare il neonato e che fin qui è stato coattivamente interpretato come esclusivo diritto di acquisto del cognome del padre e non della madre, benché la condizione naturale specifica esistente nel momento in cui gli viene attribuito il cognome sia di tipo esattamente inverso, ovvero di stretta relazione con la madre e non con il padre. Tale stretta relazione naturale viene cancellata dal ricorso all'ordine alfabetico, quando invece - in assenza di un accordo diverso espresso dai genitori, che può derivare dalla loro percezione di una migliore resa “estetica” di una delle sequenze dei cognomi - per prossimità neonatale il neonato avrebbe automaticamente il diritto di acquisire PER PRIMO il cognome materno. Qualcuno potrebbe dire: “Ma è una
questione di lana caprina! Che importanza può avere la posizione assunta da
un cognome?”. Riflettiamoci bene: Passiamo adesso al secondo punto di divergenza, individuabile nel 1° comma dell’Art. 4. «Art. 4 (Cognome del
figlio maggiorenne). Ripartiamo anche qui dal principio
di base: il diritto ad assumere il cognome (singolo o doppio) è del
figlio e non dei genitori. Al contrario, in virtù della titolarità di un diritto - quello di avere un cognome, singolo o doppio che sia - al figlio è concesso SOLTANTO di aggiungere il cognome dell’altro genitore ove ne abbia ricevuto uno solo. Non può modificare la sequenza dei cognomi, né sopprimerne uno, benché i genitori avessero invece goduto della possibilità di attribuirgliene uno soltanto. Bisogna proprio essere ciechi per
non notare la macroscopica incongruenza di questa situazione. Nel caso di un figlio di genitori
aventi già un doppio cognome, i quali pensino di attribuirne al figlio uno
per ciascuno, si verifica la situazione seguente. In ciascuna delle quattro combinazioni possibili, due dei cognomi dei genitori sono irrimediabilmente scomparsi dal doppio cognome del figlio. Quei cognomi però non sono il nulla. Sono cognomi che contribuiscono a determinare l’area familiare del figlio, che comprende anche nonni, zii, cugini. In altri termini, indicano rapporti di parentela. Ora non è affatto detto che la scelta operata dai genitori appaia soddisfacente al figlio che abbia raggiunto la maggiore età. Il figlio potrebbe trovare preferibile portare invece uno o entrambi i cognomi che sono stati lasciati dai suoi genitori fuori dalla sua porta. Il figlio potrebbe dunque pensare di avere tutto il diritto di recuperarli e di sostituirli a quelli avuti alla nascita e il suo pensiero sarebbe legittimo considerato che il diritto al cognome (singolo o doppio) è SUO e non di altri. Nel primo dei due progetti (l’uno per il solo doppio cognome e l’altro per la scelta tra cognome unico concordato e doppio cognome) da me elaborati e presentati alla Camera sotto forma di Petizioni, definivo così le possibilità offerte al figlio: «Art. 9 (Modifica dei
cognomi alla maggiore età del figlio) Questa norma - e non quella stentata e restrittiva presente nel testo approvato dalla Commissione Giustizia - era perfettamente rispettosa del diritto del figlio e dunque della sua qualità di persona autonoma, che non può essere trasformata in oggetto di proprietà dei genitori, per una sopravvivenza incontrollata del portato delle società patriarcali. Le due carenze qui evidenziate hanno infatti la stessa origine: attribuire un diritto di trasmissione ai genitori - che viene così a sovrapporsi, sbriciolandolo, al diritto di acquisto del figlio - dimostra come si stia semplicemente estendendo alla madre IL POTERE sui figli, finora attribuito sotterraneamente (per quanto riguarda il cognome, ovviamente, perché per altri aspetti era presente nella "patria potestà" oggi modificata) solo al padre. Ed è proprio in ragione di un POTERE che si cerca una falsa parità tra i coniugi (falsa perché in concreto ben più ampio è il ruolo materno sino al momento della nascita incluso) mediante l'ordine alfabetico e che si limita, riducendola quasi al nulla, la libertà del figlio di decidere di sé in età adulta, facendo di lui un’appendice del padre e della madre e non un soggetto autonomo come invece egli è e come ha diritto di poter essere anche nell’esercizio di quel bene che è il nome (prenome + cognome), strumento primario e irrinunciabile della sua identità personale. |
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13.07.2014 |
© Iole Natoli
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Il cognome patrilineare, in Italia come in ogni Paese in cui vige, è il burqa culturale delle donne (©Iole Natoli).
domenica 13 luglio 2014
ITALIA / Modifiche al codice civile in materia di cognome dei coniugi e dei figli
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"Cognome dei figli: le modifiche al codice civile", dal blog di Stefania Stefanelli.
RispondiEliminahttp://stefaniastefanelli.altervista.org/wordpress/modifiche-codice-civile-in-materia-cognome-dei-coniugi-dei-figli/