Il DIRITTO e l’INTERESSE dei FIGLI nella determinazione
del COGNOME
di Iole Natoli
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Questo articolo è la prosecuzione del commento alla sentenza n. 865/82 del 19.02.1982 (Trib. civ. sez.
I di Palermo), parte prima, al quale si rinvia per la trattazione
relativa al tema di nostro interesse (->∆).
In caso di lettura di quel testo, si consiglia di soffermarsi
sui sottotitoli: “Limiti al potere dei genitori anche in rapporto al nome del
figlio“ e “Attribuzione “ipso iure” del cognome
e assenza di un diritto di
trasmissione”.
Ciò perché, benché alla luce della condanna inflitta
all’Italia nel 2014 dalla Corte EDU per un ricorso d’impianto differente da
quello della sentenza citata il rigetto dell’istanza presentata si riveli
infondato in rapporto ad alcune delle sue motivazioni, la sentenza del 1982 - oltre a costituire il punto d’inizio nel
succedersi di analoghe richieste - contiene
interessanti delucidazioni in merito alla titolarità del diritto al nome e all’assenza del diritto di
trasmissione, che sembra opportuno porre in relazione col Disegno di Legge n. 1628,
“Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli”, oggi in attesa
di discussione in Parlamento.
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Esorbitanza del potere dei genitori nel DDL
1628 giacente in Senato
Ciò che ancor oggi
interessa di quella lontana sentenza è
il valore conferito al diritto dei figli, da cui consegue un’autonomia degli
stessi. Rileviamo come quella “trasmissione” genitoriale che per il
relatore Salvago non esisterebbe
concettualmente nel diritto italiano - ma
che esiste ed è esistita come dato concreto occultato - sia fatta propria
invece da altri Stati, sia presente nella sentenza di Strasburgo citata e
compaia insieme al più ricorrente termine “attribuzione” al termine dell’art.
1 del DDL 1628, che istituisce l’Art. 143-quater, con le
seguenti parole: «Il figlio al quale è stato attribuito il cognome di
entrambi i genitori può trasmetterne
al proprio figlio soltanto uno, a sua scelta».
Da osservare che lo
stesso articolo inizia con: «I genitori coniugati, all'atto della
dichiarazione di nascita del figlio, possono attribuirgli, secondo la loro volontà, il cognome
del padre o quello della madre ovvero quelli di entrambi nell'ordine
concordato».
Considerando nel suo
intero l’articolo 1, futuro 143-quater, rileviamo dunque e la presenza di una manifesta volontà dei genitori,
che agisce nell’attribuzione del cognome o dei cognomi con la sola
limitazione del numero di cognomi da “trasmettere”, e altresì un diritto genitoriale di “scelta” nell’ambito degli eventuali due cognomi di cui costoro potrebbero
essere titolari, dalla quale il figlio resta assente. Nulla si dice però del tipo di potere
esercitato dai genitori nel compiere le operazioni escludenti indicate.
Ne consegue che
tutto ciò che abbiamo letto nella sentenza del 1982 altrove analizzata (->∆) verrà spazzato via senza
danno da questa nuova legge ove approvata, o c’è un contrasto di base che permane e che vale la pena approfondire?
Centrare il diritto
al nome sui figli (che dovranno portarselo a spasso per la vita) e non sui
suoi genitori appare una sana evoluzione giuridica e sociale che sarebbe
sbagliato eliminare. Utile dunque sarebbe armonizzare il contrasto che questa
legge introduce, facendo sì che il
diritto di trasmissione del genitore non prevalga tanto vistosamente sul
diritto di acquisto del figlio.
Il diritto del figlio presupporrebbe
che gli fosse attribuito solo un doppio cognome, sia perché questo denota più correttamente l’area di
appartenenza familiare, di origine sia paterna sia materna, sia perché
permette a ciascun figlio di relazionarsi pubblicamente mediante uno dei suoi
cognomi a eventuali fratelli nati o che potrebbero nascere da altre unioni di
uno o di entrambi i suoi genitori, realizzando per tale via un’unità
familiare più ampia e aderente al vero di quella ben limitata, se non monca,
che l’attuale sistema consente. E tuttavia una parte della popolazione italiana
esige invece la “scelta”, forse per
quella “pretesa” di diritto autonomo evidenziata esaustivamente in sentenza,
o perché da sempre privata di qualsiasi possibilità di intervento.
Abbiamo visto come il DDL attualmente
al Senato preveda un diritto di scelta
e dunque un potere abbastanza
ampio per i genitori di cui non viene precisata la natura, cosicché non
si sa con chiarezza quale ne sia per il nostro diritto l’origine. Con
chiarezza dobbiamo invece evidenziare come a tale esteso potere genitoriale non faccia da contrappeso un quanto meno
analogo potere del figlio, la cui possibilità di azione alla maggiore età
scatta solo ove egli abbia ricevuto un cognome di un genitore soltanto. In
tal caso, potrà chiedere l’aggiunta del cognome o di uno dei cognomi dell’altro
genitore ove questi ne abbia due, compiendo oltretutto in tal modo una scelta
che non è consentita a chi invece ne ha avuti due alla nascita.
Non potrà però decidere di eliminare un
cognome se gliene sarà stato attribuito uno doppio e ciò benché ai suoi genitori non sia stato negato il privilegio di
potergliene attribuire uno soltanto ove lo avessero concordemente voluto,
né potrà scegliere di invertire l’ordine dei cognomi come invece accade con
la legge spagnola. In conclusione, da
esclusivo titolare del diritto al cognome viene ridotto a persona che subisce
(proprio come evidenziato dal
relatore nella sentenza del 1982),
avendo per l’esercizio di quel suo diritto minori possibilità di azione dei
genitori.
Né
restringere le opzioni cui può accedere il figlio, come nel DDL viene fatto,
trova fondamento ragionevole nell’esigenza di garantire allo Stato la
necessaria certezza nell’individuazione dei suoi cittadini; assegnare a
ciascun nuovo nato un codice personale immutabile, da collegare al codice
fiscale che può subire variazioni nel tempo, è infatti una facile misura atta
a risolvere efficacemente il problema.
Anche al fine di evitare storture facilmente
impugnabili, sarà opportuno non solo dare nel testo in esame maggiore spazio
al diritto del figlio prevedendo ulteriori opzioni, ma altresì definire il
potere dei genitori inserendo l’inciso “nell’interesse del figlio da essi
concordemente individuato” in quell’articolo che conferisce loro, per la
prima volta, un diritto tanto immodificabile di scelta da rasentare il potere
autoritario.
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Disegno di legge 1628, “Disposizioni in
materia di attribuzione del cognome ai figli”, in attesa
di assegnazione in Senato.
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Per la prima parte del commento (->∆)
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Per la sentenza integrale (->∆)
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Inserita il 21 Febbraio 2014 da Iole Natoli
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Il cognome patrilineare, in Italia come in ogni Paese in cui vige, è il burqa culturale delle donne (©Iole Natoli).
sabato 21 febbraio 2015
COGNOME MATERNO / Esorbitanza del POTERE dei GENITORI nel DDL 1628 giacente in Senato
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