venerdì 30 novembre 2018

COGNOME MATERNO AI FIGLI / Liberarsi dal GIOGO del “CONSENSO” è possibile?

Ma quant’è dura a morire la patrilinearità!
Eppure le vie da seguire sono chiare…
di Iole Natoli

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La recente sentenza del TAR Lazio n. 11410 del 2018 ha evidenziato un problema irrisolto. Senza il consenso del padre, il doppio cognome non è ottenibile col cambio cognome, cioè mediante un’istanza al Prefetto.

D’altronde, perfino la super prudente sentenza 286/2016 della Consulta, nel rendere possibile il doppio cognome alla nascita, non ha superato fin qui l’ostacolo arcaico del pesante consenso paterno.
 
Siamo però ad un passo dalle spallate finali e decisive: vediamo dunque insieme come fare.

Prendo le mosse da un articolo dello Studio Cataldi dal titolo "Figli: si può dare il doppio cognome?", in cui l’autrice Valeria Zeppilli premette alla sua compiuta trattazione successiva la frase “Dato per assodato che il cognome paterno non può essere eliminato", che costituisce un’affermazione vagamente ambigua benché indubbiamente corretta. Esatta, perché non c'è nessuna sentenza della Consulta che preveda che il cognome paterno non ci sia; involontariamente fuorviante, perché fa percepire come assoluta e imperitura una circostanza che invece è relativa, nonché abbastanza prossima a morire.
La sentenza della corte di Strasburgo del 7 gennaio 2014 sul ricorso 77/07 dei signori Cusan e Fazzo - a cui si deve la maggiore "attenzione obbligata" della Consulta nel ricorso successivo, che ha dato luogo alla liberatoria parziale del doppio cognome nel 2016 - condannava l'Italia per non aver permesso alla coppia di attribuire alla figlia alla nascita IL SOLO COGNOME MATERNO, come era stato chiesto all'origine. Specificava peraltro che il fatto che la figlia avesse successivamente acquisito il doppio cognome NON RIPARAVA IL TORTO iniziale subito dai genitori, trattandosi di una soluzione differente da quella richiesta.
Ne deriva che una nuova istanza per eccezione di costituzionalità, da parte di una coppia volenterosa – dunque ancora in presenza di un “consenso” maschile - che richiedesse IL SOLO cognome materno, avrebbe necessariamente un esito positivo. Ed infatti, la sentenza della Consulta 286/2016 non ha preso in considerazione un caso di questo tipo, perché la richiesta formulata dai genitori era di un "doppio cognome" e non del cognome materno soltanto. Oltretutto, la Consulta non disporrebbe ormai di motivazioni eccessivamente prudenziali da opporre; non potrebbe misconoscere la sentenza di Strasburgo già citata e, al tempo stesso, non potrebbe sostenere che sia diritto del figlio avere il doppio cognome, non avendo trasformato quell'interesse di cui ha scritto in diritto nella sentenza del 2016. Della sua stessa decisione dovrebbe accettare in pieno, senza più compromessi, le dovute conseguenze.
Che cosa cambierebbe in sostanza? Riconoscere come giuridicamente possibile che il cognome paterno non venga attribuito alla nascita pure in caso di coppie coniugate, o di riconoscimento bilaterale e contestuale del figlio, farebbe venir meno qualsiasi apparenza di necessità a quel consenso. Se nel caso del doppio cognome il padre gioca talora la carta della “lunghezza” per cercare di giustificare il suo no - “Due cognomi? Ma scherziamo! C’è da far venire il dolore al polso al bambino, per eccesso di fatica alla firma!” –, una volta spazzata via la scusante il papà-rais finirebbe col dover sottostare al consenso egli stesso. Non essendoci più l’automatismo, anche l’attribuzione del suo solo cognome necessiterebbe del consenso materno, considerato peraltro che la sentenza 286/2016 non prescrive il consenso del padre ma l’accordo dei genitori, di cui il consenso è conseguenza solo a causa della prassi attuale che prevede la necessaria presenza del cognome paterno.
Eliminare l’appiglio del cognome paterno inevitabile, dunque, porrebbe in evidenza, in un’ipotetica pretesa di consenso unilaterale, una disparità manifesta tra i genitori che cozzerebbe non soltanto con i principi costituzionali ma perfino con le norme del diritto di famiglia, che pur non brillano allo stato attuale per effettiva eguaglianza (pensiamo al 143-bis).
Vi sarebbero anche ripercussioni sulle richieste di sostituzione del cognome avanzate al prefetto da parte di soggetti maggiorenni, Attualmente, incontrano difficoltà persino questi figli, quasi che il loro cognome non fosse di loro pertinenza ma una “proprietà” del genitore.
Ma non sarebbe possibile, invece, eliminare l’obbligo del consenso alla nascita con una richiesta di doppio cognome? Certamente, ma in tal caso la causa civile andrebbe avviata solo dalla madre e il padre dovrebbe porsi nella situazione di contrasto, anche nell’ipotesi in cui invece fosse favorevole. Praticamente, un gioco di ruoli. Abbastanza improbabile che la Corte - che con la sentenza 286/2016 si è già espressa sul vantaggio psicologico e morale del figlio nell’avere i cognomi di entrambi i genitori - possa rispondere picche alla richiesta della madre nell’interesse del figlio. Avremmo però due conseguenze negative. L’una è che il cognome materno continuerebbe a rimanere aggiunto e mai premesso al paterno, quasi fosse un cognome di serie B, in quanto il paterno rimarrebbe saldo nella sua attuale posizione di inamovibilità; l’altra è che il padre, che ha impersonato il ruolo del cattivo, si troverebbe a dover pagare la sua parte di spese d'un procedimento complesso e dunque costoso, senza avere in realtà nessuna colpa. Cosa che non avverrebbe, invece, nel ricorso illustrato in precedenza (quello per il solo cognome materno, in quanto l’unico colpevole sarebbe lo Stato).
Suggerimento: ogni via percorribile va percorsa e nel più breve tempo possibile. Se si considera che gli iter giudiziari - gli unici che abbiano condotto a qualcosa - sono iniziati nel 1980 e che soltanto nel 2016 si è avuto un primo risultato tangibile, non ha senso limitarsi ad attendere. Passiamo dunque nuovamente all’azione; benché ci si lamenti di una contrazione delle nascite, coppie che generano figli ce ne sono abbastanza perché alcune si assumano un ruolo con l’obiettivo di spianare il cammino. Chi preferisce centrare le proprie richieste sull’anteposizione cominci pure e vada avanti per questa via; chi vuole attaccare invece la radice prima della pratica del consenso parta da una richiesta consensuale del solo cognome materno, perché, per paradosso apparente, la caduta dell’imperio del consenso passa più agevolmente da lì.
E se la coppia disposta a chiedere il solo cognome materno preferisse in realtà il doppio cognome? Niente paura! Potrebbe ugualmente ottenerlo in un secondo momento, facendo richiesta di cambio cognome al Prefetto dopo aver ottenuto il rifiuto e attivato la causa, proprio come è accaduto, sia pure non per volontà propria, alla coppia Cusan e Fazzo già citata.
Per evitare complicazioni sgradevoli, l’ideale sarebbe che la richiesta partisse da una coppia o da una donna, come da casi su considerati, all'atto di registrare il primo figlio. Perché il primo? Per evitare che la disparità di cognomi, che si andrebbe a costituire se vi fossero figli già esistenti, possa fungere da strumento di ostacolo e produrre risultati contrari.
Concludendo: forza e coraggio! Chi si fa avanti per continuare?

17.12.2018

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