Lo dichiariamo senza mezzi termini: il Ddl sul COGNOME DEI FIGLI, già approvato alla Camera e che il Senato dovrà ora esaminare, non è interamente conforme a ciò che avrebbero voluto le firmatarie e i firmatari delle due Petizioni lanciate da Iole Natoli - la prima sul solo doppio cognome e la seconda sulla scelta tra cognome unico dell’uno o dell’altro genitore e cognome di entrambi - presentate peraltro a Camera e Senato.
Entrambe quelle petizioni, infatti, prevedevano qualcosa di diverso su due punti cruciali:
- la libertà per il figlio maggiorenne di operare scelte più articolate rispetto a quelle previste dal testo approvato;
- l’eliminazione dei sotterfugi arbitrari (l’ordine alfabetico in questo caso, in altri testi era comparso il sorteggio) cui ricorrere in caso di doppio cognome, atti solo a nascondere che i figli nascono sempre da donna, con un parto che consegue a nove mesi di gravidanza, e che la relazione del figlio al momento della nascita e per un tempo anche più lungo è ESCLUSIVAMENTE con la madre. La relazione col padre “nasce” dopo, ma all’atto della registrazione anagrafica - che coincide coi primi momenti di vita - il cognome che per primo il figlio ha pieno diritto di prendere, ove non siano intervenuti accordi diversi tra i suoi genitori ovvero tra le persone che legalmente lo rappresentano, È QUELLO MATERNO.
Riteniamo però che - sia perché per altri aspetti la riforma proposta risulta qualitativamente accettabile, sia perché la misoginia incancrenita che è emersa dal dibattito alla Camera fa fatica a digerire già questa proposta di compromesso (figuriamoci un testo più radicale!), sia perché incombono le sanzioni cui l’Italia andrà incontro in caso di non approvazione di una riforma - non sia questo il momento storico migliore per esigere un più netto taglio col passato.
Invitiamo pertanto i senatori e le senatrici a non ostacolare l’iter del DdL 360 uscito appena adesso dalla Camera, evitando di fasciarsi il capo con danni ipotetici che sono ben lontani dall’esistere. Porre gli uomini di fronte alla necessità di spostare l’asse relazionale con i figli dal “possesso”, veicolato dal patronimico, alla cura dei piccoli è, al contrario, un vantaggio per gli uomini stessi, è un togliere dai loro occhi una benda, che li acceca con conseguenze pesanti.
La situazione economica dell’Italia, infine, non permette che si vada incontro al pagamento di multe che dalla non approvazione deriverebbero, dopo la nota sentenza di Strasburgo. Per non parlare del prestigio già basso di cui “gode”, grazie alla discriminazione contro le donne, il Paese.
Chiediamo dunque che RESPONSABILMENTE tutte le senatrici e i senatori cooperino per l’interesse comune, approvando in tempi brevissimi il testo già licenziato dalla Camera.
|
Nessun commento:
Posta un commento