mercoledì 6 dicembre 2023

Lettera aperta alla Senatrice #Bongiorno / Rinnovo di richiesta di audizione nella Commissione Giustizia

Cognome dei Coniugi e dei Figli. Criticità nei DdL esistenti
Di Iole Natoli

foto di it.freepik.com

Giulia Bongiorno: «La violenza è conseguenza di un ordine sociale diseguale, di una relazione che colloca gli uomini in una posizione di privilegiata supremazia e le donne in una situazione di subordinazione, debolezza, dipendenza, incompiutezza. (…) La violenza va dunque spiegata innanzitutto come retaggio culturale di una struttura sociale patriarcale, fondata su quell’autorità che il pater familias esercitava nell’antica Roma». E con riferimento agli attacchi fisici compiuti ai danni delle donne, l’autrice aggiunge: «Eloquenti in tal senso sono i frequentissimi atti di spersonalizzazione della vittima». Dal libro Con la scusa dell’amore, di Giulia Bongiorno e Michelle Hunziker, pp.88-89.

Domande della scrivente:
QUANDO ci si renderà conto che il MARCHIO patriarcale del cognome,
dato ai figli escludendo le madri,
farà crescere un alto numero di maschi nella convinzione di essere
 PROPRIETARI delle donne?
E QUANDO si capirà che rafforzare il senso 
di presunta indissolubilità dei legami di coppia, 

con misure legislative antistoriche, 

gioca a favore dei femminicidi e pone a rischio la vita delle donne?

________________________________

 

Nel dicembre dello scorso anno, ho inviato alla senatrice Bongiorno, Presidente della Commissione Giustizia del Senato, una richiesta di audizione (1) che con questa lettera aperta ora sollecito. La mia richiesta non nasceva e non nasce da un capriccio, ma dal lungo percorso attivo sul tema del cognome della donna e dei figli, iniziato nel 1979 (2) e che da allora non è mai stato interrotto.

Cosa mi riprometto di dire alle e ai componenti delle due Commissioni Giustizia? Non basta che io lo scriva in una Lettera? Probabilmente no. Dalle parole scritte siamo ormai tutte e tutti soverchiati in questi tempi di messaggi via social e spesso non ci facciamo più caso. Un colloquio, uno scambio, una presenza richiama invece alla soggettività personale e induce a una più attenta riflessione.

Nelle proposte presenti in Parlamento, accanto ad alcuni passi avanti rispetto alle formulazioni precedenti – non tutte, infatti, sono semplici ripetizioni di quelle antecedenti alla sentenza 131/2023 della Consulta – si registrano taluni passi indietro, di cui è sfuggita di fatto l’importanza. Tra questi, la massiccia presenza dell’aggiunta del cognome del coniuge nel matrimonio, come possibilità e non più obbligo solo per le donne – salvo nel caso di un comma passibile di eccezione di costituzionalità, riscontrato nel DdL Unterberger -, che può essere esercitata da entrambi i coniugi o da uno soltanto.

Si potrebbe pensare che rispetto al testo licenziato alla Camera nella XVII legislatura - e mai discusso nell’assemblea del Senato - ci sia un’evoluzione considerevole, dato che, dopo l’iniziale proposta di soppressione del 143-bis contenuta in alcuni DdL di allora, questa modifica era stata cassata, lasciando dunque inalterata l’attuale situazione di aggiunta incostituzionalmente riservata alle donne.
Ma cosa comporta in concreto questa possibilità bilaterale, il cui esercizio può anche essere soltanto unilaterale? Non è molto difficile saperlo. Basta scorrere i vari studi che sono stati fatti sulle scelte operate negli altri Paesi che contemplano tale possibilità, dai quali emerge che, malgrado le ampie soluzioni differenti contenute nelle varie legislazioni, la prassi della scelta del cognome del marito e dell’attribuzione a figli e figlie del solo cognome paterno continua a dominare indisturbata.

“Oh, ma ciò che conta è che le donne POSSANO fare diversamente se vogliono!”, si potrebbe eventualmente obiettare. No. Non è così. Scegliere in piena coscienza vuol dire essere consapevoli di ciò che da ciascuna scelta operata consegue e questo non avviene nella popolazione con un semplice cambiamento sulla carta, se quella carta contiene una qualche porta spalancata da cui entra con prepotenza il passato. Quel che serve è sbarrare la porta, SE ciò che si vuole realmente ottenere è un mutamento culturale profondo.

In alcune relazioni premesse ai DdL del Senato, si citano due Risoluzioni del Consiglio d’Europa, del 1995 e del 1998, in cui si accenna al “cognome di famiglia”, le quali erano volte però a contrastare la pretesa di indicare nel cognome patrilineare la garanzia dell’unità familiare (pretesa fatta a pezzi dalla sentenza della CEDU del 7 gennaio 2014). Si dimentica peraltro che tali considerazioni venivano espresse in un periodo in cui la patrilinearità era ancora in molti stati la dominante assoluta, cosicché la scelta di un cognome comune “di famiglia” poteva apparire un passo aventi rispetto alla prassi discriminatoria di allora. Oggi, nel 2023, è soltanto un grave passo indietro.

Sappiamo che il fantasma del “per sempre” è quello che agita le menti dei futuri aggressori o assassini, prima ancora che diventino tali. Costoro attribuiscono il carattere di indissolubilità a ogni legame sentimentale che almeno in un primo stadio abbia le caratteristiche di riuscire loro gradito e di rassicurarli, di promettere la continuità di un appoggio-dipendenza. Lo pensano già da fidanzati. “Sarà sempre al mio fianco, mi supporterà in ogni momento della mia vita, dunque convivrò con lei o la sposerò, per continuare così sino alla morte” (in quella fase immaginata ancora come morte naturale di entrambi).

Alimentare questo presupposto con la possibilità di un “cognome di famiglia comune” significa agire verso la “spersonalizzazione” di chi contrae un legame affettivo. Convivendo o sposandosi non si diventa solo o anche l’altro/a, ci si pone o ci si dovrebbe porre in un continuo dialogo con l’altra/o, per adottare soluzioni utili a entrambi (e ai figli, quando ci sono), senza prevaricazioni di sorta.

Chiedo di conseguenza che si elimini il ricorso al cognome comune, che non è presente in tutte le legislazioni europee, né, se lo fosse, ciò costituirebbe garanzia della bontà di una tal soluzione. La Spagna, ad esempio, che ha aggiornato due volte (di cui l’ultima è abbastanza recente) le sue antiche norme sul doppio cognome, non ha introdotto questa ingombrante presenza.

Questo non è però l’unico punto debole dei DdL che ritengo necessario rivedere nella stesura del testo unificato da portare poi in Assemblea. C’è anche un serio problema di linguaggio che va analizzato e risolto.

Senatrice Bongiorno e senatrici proponenti tutte, potreste fornirmi una spiegazione valida del perché può apparirvi di scarso rilievo che nei DdL presentati si dia «precedenza enunciativa, contraria perfino all’ordine alfabetico, al cognome del padre rispetto a quello della madre o di entrambi», operando con ciò un «raccordo ideologico con la tradizione precedente il cui fondamento è stato dichiarato DEFINITIVAMENTE illegittimo» dalla Corte? Un linguaggio che “salva la priorità” della discendenza dal padre rispetto alla discendenza dalla madre tradisce la funzione profonda della riforma necessaria, che è quella di eliminare ogni rapporto di forza che neghi la realtà della natura» (3).
E la realtà naturale, possiamo girarci intorno quanto vogliamo, è che i figli - a parità di contributo genetico (sorvolando, per non complicare le cose, sull’importanza fondamentale della trasmissione dei mitocondri, che avviene solamente per via materna) - i figli, ripeto, li mettono al mondo le donne. Perché, allora, scrivere nelle proposte che si può attribuire il cognome del Padre, o quello della Madre, o quello di entrambi, indicando il cognome materno come il fanalino di coda?

Creare un raccordo evidente col sistema della patrilinearità obbligatoria, dichiarato dalla Consulta ILLEGITTIMO ab origine, significa indurre le donne meno avvertite (che su questo tema costituiscono purtroppo la massa) a perpetuare, in omaggio alla tradizione consolidata, il primo e potente MODELLO SOPPRESSIVO dell'identità femminile che è stato inculcato in tutte le generazioni su tutto il territorio nazionale.

Da più parti si leva oggi il grido “occorre una rivoluzione culturale, per fermare il proliferare dei femminicidi!” ed è un grido a cui si associano anche gli uomini, spesso colpiti ferocemente in prima persona dall’assassinio di una loro figlia.
Per quanto gli interventi educativi che si vorrebbe introdurre nelle scuole possano avere una funzione importante, questi arriverebbero (se mai arriveranno) DOPO una prima deformazione forzata delle ignare coscienze infantili, determinata dall’omaggio al padre-patriarca a cui si sta stendendo inconsapevolmente un tappeto nelle diverse proposte di legge. Quel tappeto va eliminato. Di rosso abbiamo già tanto sangue versato dalle incolpevoli vittime.

Non ci sarà una nuova riforma di legge successiva, sempre che questa vada in porto nell’attuale legislatura. Di conseguenza le modifiche necessarie vanno affrontate adesso. Non è possibile nascondere sotto il tappeto i resti dello statuto patriarcale, che finirebbe col permanere indisturbato nel prevedibile ripiegamento sull’abitudine.

Ci sono anche altri punti da trattare, che però non richiamo avendoli già espressi in vari scritti e ripresi nella mia più recente Petizione (4) allegata al vostro fascicolo. Potrò elencarli però a viva voce, se, Senatrice Bongiorno, la mia richiesta di audizione sarà accolta, richiesta condivisa da Laura Cima, di cui ricordo qui il primo progetto di legge parlamentare nell’Italia repubblicana sul doppio cognome e una Petizione (5), oggi con oltre 55.000 firme, presentata in Parlamento nel 2014 per la calendarizzazione della discussione sulle proposte.

Senatrice Bongiorno, alla pagina 39 del libro già citato Lei scrive: «non mi sento un’eccezione, piuttosto un’unità di quell’esercito di sopravvissute ai pregiudizi che ora guardano indietro con un pizzico di orgoglio per la propria tenacia. Perché è con la tenacia che si superano i pregiudizi, non solo con la bravura, tantomeno con la fortuna. Non basta nemmeno la genialità: puoi anche essere un genio, ma se i pregiudizi ti mandano al tappeto cento volte e non hai la tenacia di rialzarti anche alla centesima non ce la fai».
Ecco, devo confessarle, Senatrice, che dopo tanti e tanti anni di duro combattimento sono stanca. Non so dirle se questa mia lettera rappresenta la 100esima volta da cui dovrei, secondo il suo suggerimento, rialzarmi. Aspetto allora di sapere da Lei, quale numerazione attribuire a questa mia seconda richiesta e quale orientamento poterne dedurre per il futuro e la salute fisica e morale delle donne.

Nel ringraziarla per la cortese lettura, resto in attesa di una sua risposta.

Iole Natoli
Giornalista pubblicista e attivista

Laura Cima
già Deputata nella X e nella XIV Legislatura

___________

Link nel testo:
1 - Lettera aperta alla Senatrice Giulia Bongiorno. RICHIESTA di audizione in Commissione. La soppressione del cognome materno radice prima della violenza di genere
- https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2022/12/lettera-aperta-alla-senatrice-giulia_21.html
2 - La soppressione della donna nella struttura familiare (mensile "Il foglio d’arte", Palermo, Giugno 1979, pp. 5-6) - https://cognomematerno-archiviostorico-italia.blogspot.com/2013/06/doppio-cognome-per-i-figli-in-italia_25.html
3 - vedi 1
4 - Petizione Nuove Norme sul NOME della PERSONA e sul COGNOME dei CONIUGI e dei FIGLI, 19ª Legislatura (annunciata col n. 189 al Senato e col n. 124 alla Camera) -
https://www.change.org/p/nuove-norme-sul-nome-della-persona-e-sul-cognome-dei-coniugi-e-dei-figli-19a-legislatura

5 – Comunicato della Camera sulla Petizione lanciata da Laura Cima Chiediamo che la legge sul cognome sia approvata! presente su change.org - https://presidenteboldrini.camera.it/18?shadow_comunicato_stampa=7756

6 Dicembre 2023

Attribuzione immagine: andare al link

© Iole Natoli

Adesioni (in progress): Governo di LeiEliana RaseraNathalie Niki Pellegrino, Manuela L’Innocente, Alessandra Adesso, Giovanna Berna, Cinzia Ciriotti, Ekaterina Menchetti, Fabiana Montemurri, Frida Bertolini, Emanuela Menotti, Marina Petrucci, Alfonso Puttini, Federica Cagnolati, Iole Granato, Rosa Leone, Davide Fiorucci, Erica Villa, Barbara Todeschini, Helena Caruso


venerdì 5 maggio 2023

#CognomeDeiFigli e #MadriDalPartnerDelNo / Interpretazione restrittiva della sentenza 131/2022 della Consulta

Se sei nato prima del giugno 2022... resti a metà

Di Iole Natoli



Accade in Italia che la Sezione di Volontaria Giurisdizione di qualche Tribunale ordinario decida di non prender posizione in merito a una situazione pregressa, una volta chiamata ad esprimersi riguardo all’interesse del figlio da una delle #MadriDalPartnerDelNo (definizione della scrivente). Non allarmiamoci troppo, i casi potrebbero non essere numerosi, ma poiché non di tutto quel che accade è possibile essere informate ci limitiamo a supporre che ciò di cui siamo venute a conoscenza possa non costituire un fenomeno isolato.

Anno 2023, Torino. La signora Nathalie Niki Pellegrino vorrebbe che il bimbo avuto qualche anno addietro dalla sua relazione con l’ex compagno A. B. -  iniziali di convenienza - e che oltretutto abita da sempre con lei possa godere di quella compiutezza formativa dell’identità personale, che la Corte Costituzionale ha posto tra le motivazioni di base che hanno determinato la sentenza 131/2022, con cui è stata riconosciuta la TOTALE illegittimità delle norme che avevano regolato fin lì l’attribuzione del cognome a figli e figlie, consistenti nella patrilinearità obbligatoria.

Prima di quella pronuncia storica, le donne non avevano la possibilità di attribuire alla nascita il loro cognome ai figli che avevano generato - peraltro con un indubbio maggior contributo biologico dei padri, che fin qui non hanno mai condotto una gravidanza né esperito un parto -, se non dopo la sentenza 286/2016. Con essa, la Corte riconosceva il diritto dei genitori di attribuire ai figli il cognome di entrambi, a patto che si trattasse di una decisione concorde. Dato che il cognome paterno non veniva mai messo in discussione, questa “concordia” diveniva nel reale un consenso gentilmente dispensato o velenosamente negato dal padre. Insomma, un esercizio di libero arbitrio consegnato nelle mani del Maschio.

C’erano poi le situazioni pregresse, quelle per le quali i genitori di figli nati prima del 2016 potevano chiedere il cambiamento del cognome del pargolo, anche cresciutello, da singolo in doppio ovvero di entrambi i genitori. Anche qui la decisione doveva essere concorde, cosa che si traduceva in termini pratici nella gentile concessione da parte del padre all’aggiunta del cognome materno o nel diniego di tale possibilità. Da notare che, in presenza dl consenso, nessun dubbio era previsto che potesse turbare il Prefetto sull’opportunità di procedere al cambiamento. Detto diversamente, in via teorica, un ragazzo anche diciassettenne si sarebbe potuto trovare a sua insaputa con il cognome cambiato tramite aggiunta per decisione concorde dei suoi genitori, mentre un padre che avesse voluto negare il consenso alla madre avrebbe potuto addurre a motivazione che il figlio/a si era ormai identificato con un cognome soltanto e ciò perfino nel caso di un bimbo di 5 anni o anche meno.

Le situazioni pregresse esistono anche oggi. Torniamo dunque alla signora Pellegrino che non ha modo di rivolgersi alla Prefettura di competenza, in quanto l’iter di questo percorso prevede che ci sia l’assenso al cambiamento del cognome del figlio da parte dell’altro genitore, cosa che nel caso in questione NON c’è.

Sono molte le madri che si trovano in questa situazione, tante da poter formare una categoria specifica che sarei propensa a definire delle #MadriDalPartnerDelNo. I “no” possono essere molteplici. Si va dal “il mio cognome è più che sufficiente”, a “diventerebbe un cognome troppo lungo”, oppure a “Gasparuccio o Letizietta ormai è abituato/a così”, “il tuo non è per niente un bel cognome”, “la tua è una richiesta ideologica” e così via.

Ma ideologica la richiesta non è; al contrario, ha precisato la Corte nella sentenza 131/2022, effetto di un’ideologia patriarcale è stato l’abuso di limitare a quello patrilineare il cognome da attribuire alla prole. Abuso che oggi non è più possibile replicare, perché la nuova regola definita in sentenza vuole che alla nascita si attribuisca il cognome di entrambi i genitori, nell’ordine stabilito dagli stessi, e che l’opzione di un cognome singolo, della madre o del padre, possa derivare soltanto da un chiaro accordo espresso dalla coppia in tal senso. Il 1º vecchio comma dell’articolo 262 del cod. civ. non è dunque andato in soffitta ma è finito nel cestino tritarifiuti, da cui nessuno lo può più ripescare. O quasi, all’atto pratico.

Tutto chiaro oggi, grazie alla Consulta, per l’attribuzione del cognome alla nascita. Ma cosa accade per le situazioni pregresse, cioè per quelle che, come già detto, riguardano figli nati prima dell’ancora recente sentenza, che portano soltanto il cognome del padre per effetto di quel 1º comma del 262 ora defunto?
Beh, se la coppia genitoriale - convivente o meno – è d’accordo, ci si rivolge come in passato alla Prefettura e dopo alcuni mesi il problema viene risolto con l’aggiunta del cognome mancante. Se invece si appartiene per disgrazia alla folta schiera delle #MadriDalPartnerDelNo la questione si fa complicata, in quanto la via della Prefettura non è praticabile e a nulla servirebbero eventuali ricorsi. Il Prefetto ha l’obbligo di attenersi al consenso o al dissenso del genitore di cui il figlio/a ha il cognome – abitualmente il padre – e nessuno può schiodarlo da lì.

Ma cosa dice di fatto la sentenza 131/2022 in merito alle situazioni pregresse? Lo leggiamo al § 16 della stessa.
«Infine, è doveroso precisare che tutte le norme dichiarate costituzionalmente illegittime riguardano il momento attributivo del cognome al figlio, sicché la presente sentenza, dal giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, troverà applicazione alle ipotesi in cui l’attribuzione del cognome non sia ancora avvenuta, comprese quelle in cui sia pendente un procedimento giurisdizionale finalizzato a tale scopo.
Il cognome, infatti, una volta assunto, incarna in sé il nucleo della nuova identità giuridica e sociale, il che comporta che possibili vicende che incidano sullo status filiationis o istanze di modifica dello stesso cognome siano regolate da discipline distinte rispetto a quelle relative al momento attributivo. Eventuali richieste di modifica del cognome, salvo specifici interventi del legislatore, non potranno, dunque, che seguire la procedura regolata dall’art. 89 del d.P.R. n. 396 del 2000, come sostituito dall’art. 2, comma 1, del d.P.R. n. 54 del 2012».

La Corte non sta dicendo che ciò che è stato riconosciuto adesso come da sempre illegittimo diventa magicamente legittimo nel caso di attribuzioni precedenti resuscitando quel 1º comma del 262 ormai abrogato, sta dicendo invece un’altra cosa. Sta affermando che ciò che rende NON AUTOMATICA la regola ora in vigore è la constatazione che «possibili vicende» siano in grado di incidere in modo differente su quel che dalla regola discenderebbe e che pertanto, per casi non riconducibili al momento della nascita, vanno seguite le procedure che già erano state previste allo scopo. In altri termini, la Corte non sta minimamente sostenendo che una modifica che porti all’aggiunta del cognome che risulta mancante rispetto alla nuova regola non sia da considerare in linea con quanto ha prima evidenziato, circa il beneficio di cui gode il figlio quando gli è consentito di relazionarsi, tramite i cognomi dei due membri della coppia genitoriale, ad entrambe le aree familiari di appartenenza; sta dicendo che qualcosa potrebbe costituire un ostacolo oggettivo tale che questo beneficio diventi sacrificabile o che non possa essere riconosciuto come tale (pensiamo ad esempio ad adozioni intervenute o a cambiamenti di cognome già praticati). Da qui la necessità di altre vie, ovvero di quelle consuetudinarie che regolano il cambiamento del cognome.

Ora, se qualcosa è un beneficio e l’assenza di quel qualcosa è un limite se non un danno, diventa legittimo che uno dei genitori (il più delle volte la madre), impossibilitato a rivolgersi utilmente al Prefetto, sottoponga la questione al parere del Giudice della Volontaria Giurisdizione, che normalmente è chiamato ad esprimersi e dunque a decidere nel caso in cui i genitori siano di parere discorde su qualcosa ritenuto importante per il presente e il futuro del figlio/a.

Che il cognome sia importante, anzi fondamentale per la formazione dell’identità personale, la Corte lo ha dichiarato a tutto campo. Di conseguenza nel caso specifico la signora Pellegrino, concordando interamente con le valutazioni espresse dalla Corte sull’utilità del cognome di entrambi i genitori per la formazione di un’identità completa della prole, chiede che la sua istanza di cambiamento del monocognome di suo figlio sia accolta. Il Signor A. B. oppone una visione diversa delle cose, ritenendo in sostanza che, nel migliore interesse del figlio, tutto debba rimanere com’è. Cosa fa allora il Tribunale di Torino? In luogo di valutare nel merito le contrastanti affermazioni dei due genitori e decidere dunque in un senso o nell’altro, dichiara infondata l’istanza di Nathalie Niki Pellegrino in quanto la modifica dell’art. 262 comma 1 del cod. civ. non ha conseguenze applicabili alle situazioni pregresse secondo quanto scritto dalla Corte.
Certamente la Corte questo lo ha scritto, ma era questo ciò che la ricorrente aveva chiesto, o non invece la valutazione del miglior interesse del minore alla luce dell’importanza del cognome di entrambi i genitori per la completa formazione identitaria di un figlio, importanza che la Corte aveva delineato con estrema chiarezza in sentenza?

Fortunatamente, esiste almeno un esempio diverso, fornito lo scorso anno dal Tribunale di Pesaro che ha optato per il riconoscimento del diritto del minore a un’identità anagrafica completa. Non sappiamo se ci siano stati altri esiti presso differenti Tribunali, esemplificativi di una soluzione o dell’altra.

Rileviamo però un particolare. Nel brano della sentenza oggetto dell’interpretazione controversa, c’è un inciso che non è indirizzato ai Tribunali. Per le situazioni pregresse le vie praticabili, scrive la Corte, restano quelle precedenti «salvo specifici interventi del legislatore». E allora sorge spontanea una domanda. Non potrebbero i e le parlamentari prendere atto di questi problemi e tagliare tali nodi gordiani alla radice, aggiungendo alle loro proposte qualche norma, per armonizzare col senso stesso della sentenza 131/2022 della Consulta le problematiche situazioni pregresse?

 

6 Maggio 2023 data e ora italiana

© Iole Natoli

Nota: immagine di pixabay.com.it   

martedì 2 maggio 2023

Lettera aperta / Calendarizzare la discussione in Commissione per la Legge ormai obbligatoria sul #COGNOME

L’eterno sonno del Parlamento italiano sul Cognome da attribuire alla prole

Di Iole Natoli

giornalista e blogger, autrice della Petizione “Nuove disposizioni sul nome della persona e sul cognome dei coniugi e dei figli”, assegnata alle due Commissioni Giustizia di Senato (il 20.12.2022 col n. 189) e Camera (il 13.01.2023 col n. 124).

Ai Presidenti e Vice Presidenti del Senato e della Camera, ai Presidenti e Vicepresidenti delle Commissioni Giustizia.

di pixabay.com.it



Buongiorno Presidenti e Vicepresidenti sopra citati.

La sentenza 131/2022 della Consulta sul cognome dei figli ha stabilito la totale incostituzionalità delle norme che hanno regolato prima di allora l’attribuzione del cognome alla prole e che erano fondate sulla patrilinearità assoluta o, solo dopo la sentenza del 2016, sul vincolante consenso di tutti e due i genitori per l’assegnazione del cognome di entrambi.

In sostanza, con la 131/2022 la Corte ha ribaltato la questione del consenso, rendendolo vincolante non più per l’attribuzione del doppio ma del cognome singolo e precisando che nessuna prevalenza può essere legittimamente attribuita al cognome paterno rispetto a quello materno, o viceversa.

Alcune situazioni però non sono state risolte, in quanto dipendenti da una nuova legge ovviamente spettante al Parlamento, di cui la Corte ha ancora una volta sollecitato l’approvazione.
Tra queste situazioni rileviamo:

1 – la decisione sull’ordine degli elementi (materno e paterno, oppure paterno e materno) nel doppio cognome, che al momento resta affidata al giudice in caso di dissenso, perché manca un’indicazione di legge atta a conferire all’Ufficiale di stato civile il mezzo più idoneo per risolvere da sé l’eventuale conflitto;

2 – la definizione stessa di doppio cognome come composto da due elementi scindibili, al fine di poterne attribuire solo uno per ciascun genitore alla prole, evitando la moltiplicazione dei cognomi.
Ciò si rende necessario già adesso ogni qualvolta uno o entrambi i genitori abbiano più di un cognome, come nel caso di soggetti provenienti da una terra di cultura spagnola o portoghese.

Preghiamo dunque i Presidenti e Vicepresidenti indicati di voler calendarizzare l’inizio dei lavori necessari per pervenire senza ulteriori ritardi a una legge, segnalando altresì:

a - la necessità di non creare discriminazioni di sorta con l’attribuire occulte precedenze, attraverso il linguaggio, derivanti solo dalla normativa interamente abrogata.
Utile attenersi nella formulazione linguistica all’ordine alfabetico – la M di madre precede in tale ordine la P di padre – oppure optare per la stessa formulazione asettica utilizzata dalla Corte che ha usato il maschile “genitore” in funzione di neutro, come accade usualmente nelle leggi, replicando insistentemente la formula “l’uno o l’altro genitore”:

b - l’opportunità che l’Ufficiale di stato civile ricorra per risolvere i casi di dissenso sull’ordine dei cognomi nel doppio non all’ordine alfabetico - che lascerebbe privi di possibilità paritarie reali nel confronto con l’altro genitore coloro i cui cognomi inizino con V o, peggio ancora, con Z - ma al sorteggio. Non c’è ragione di essere obbligati a ricorrere al giudice per qualcosa che può essere risolto direttamente in sede di registrazione anagrafica.
Gli Uffici anagrafici del Lussemburgo hanno adottato ormai da diversi anni tale soluzione democratica, più indicata dell’ordine alfabetico per un confronto tra gli interessati che sia scevro di ogni aspetto vessatorio, senza che ciò presentasse difficoltà d’un qualche tipo;

c – una nuova regolamentazione delle situazioni pregresse che sia conforme alle MOTIVAZIONI espresse dalla Corte nella sentenza, con cui è stato posto in evidenza il maggior vantaggio che reca al figlio/a il cognome di entrambi i genitori in luogo di uno singolo.

Ringraziamo per la cortese attenzione.

3 Maggio 2023, data e ora italiana


Adesioni: Silvia Magistri, Nathalie Pellegrino, Marina Petrucci, Concetta Garofalo, Cinzia Ciriotti, Laura Cima, Adriana Terzo, Ekaterina Menchetti, Helena Caruso, Eliana Rasera, Maria Luisa Battiato, Emanuela Menotti, Letterio Mulfaro, Marcella Mariani, Giovanna Berna, Carlotta Ferrari degli Uberti, Ambra Leoncini, Iole Granato, Emanuele Tosi, Paola Chirico, Nicol Lazzarini, Sofia Venturoli, Fabio Nascimbeni, Angela Maria Bottari, Giuseppe Calamita, Giovanna Ferrari, Frida Bertolini, Linda Martini, Antonella Paloscia, Monica Leonessa, Manuela L'Innocente

Inviata ai destinatari alle h 20:16 e 20:25 del 4 maggio 2023

 

© Iole Natoli

Dopo l'invio della mail hanno aderito Francesca Accornero Beatrice Diana Carli, Maria Dell'Anno, Francesca Dragotto, Francesca Manna.

Nota: immagine di pixabay.com/it: https://pixabay.com/it/photos/fratelli-ragazzi-affetto-bambini-457234/

domenica 9 aprile 2023

#ParoleInCammino. Il Festival dell’Italiano e delle Lingue d’Italia - Il linguaggio crea la realtà?

FUNZIONE SOPPRESSIVA dell’identità femminile che ha avuto e ancora ha nel sistema (a)sociale italiano il #CognomeDellaProle
Di Iole Natoli


FIRENZE, Biblioteca delle Oblate, "Parole in Cammino. Il Festival dell’Italiano e delle Lingue d’Italia", Tavola rotonda sul tema "Il linguaggio crea la realtà?”, 1 Aprile 2023.
Nella foto a partire da sinistra: Federica D'Alessio, Cinzia Sciuto, Iole Natoli, Giuliana Giusti, Federico Zappino. In questa immagine manca una relatrice, la linguista Cristiana De Santis, che ha ceduto il suo posto alla scrivania - anzi al tavolo rettangolare e non rotondo - a Federico Zappino, il quale prima si era seduto in sala per lasciare alle relatrici lo spazio necessario, reso insufficiente per 6 persone dalla capienza delle poltroncine, forse eccessiva ma utile per contenere oltre ai corpi anche borse e zaini... 
Io ho parlato della funzione comunicativa e soppressiva, non solo del ramo materno ma della stessa identità femminile, che ha avuto e ancora ha nel sistema (a)sociale italiano il Cognome.

9 Aprile 2023

© Iole Natoli

 

domenica 8 gennaio 2023

Lettera aperta alla Presidente del Consiglio Meloni / Pericoloso esercizio, Presidente, sopprimere le donne virtualmente

Cognome materno / Necessità di calendarizzazione alle Camere per un’urgente riforma strutturale

Di Iole Natoli

da it.freepik.com


 

Gent.ma Presidente del Consiglio, on. Meloni,

ho indirizzato anche a Lei e al Capo Dipartimento per i rapporti con il Parlamento la mia Petizione sul Cognome dei figli - già annunciata al Senato e di prossimo annuncio alla Camera - che trova in allegato e a cui può accedere direttamente dal primo link sottostante.

Nel rivolgerLe la richiesta di sollecitare i Presidenti di Senato e Camera, affinché attuando le indicazioni della Corte Costituzionale contenute nella sentenza 131/2022 sulla necessità inderogabile di una legge sul cognome dei figli pongano in calendario la discussione delle proposte legislative esistenti, stralcio da una lettera aperta inviata alla Senatrice Bongiorno, nella sua qualità di Presidente della 2ª Commissione del Senato, alcune considerazioni che sottopongo alla Sua attenzione.

Lo faccio perché la riforma per la quale mi batto dal 1979 con diverse iniziative per eliminare la soppressione del cognome materno dal cognome dei figli - riforma a cui ha dato un sigillo insostituibile la citata sentenza della Corte - non è solo una questione di diritti delle donne, come ad alcuni potrebbe superficialmente sembrare, ma altresì una riforma di base necessaria per determinare un ordine sociale più sano dell’attuale, della cui “malattia” i continui femminicidi e figlicidi sono una testimonianza inequivocabile.

Ed ecco lo stralcio.

«Cosa trasmetteva all’epoca in cui io iniziavo il mio percorso pubblico, ovvero nel 1979, quella particolare soppressione» (la soppressione della donna nella struttura familiare), «oggi dichiarata interamente illegittima dalla Corte Costituzionale? Diverse suggestioni più o meno manifeste. Eccone alcune.
1 – La donna vale meno dell’uomo e il punto da individuare per lei nella scala di attribuzione dei valori è affidato al capriccio maschile.
2 – La generatività femminile è subordinata alla “validazione” maschile. La presenza del cognome paterno “certifica” la legittimità della sua generazione, l’assenza espone al ludibrio sia la donna sia il figlio, in quanto solo l’uomo ha IL DIRITTO di mettere al mondo, sia pure per interposta persona. Se la donna lo fa, senza la sua “benedizione” è una reietta e tale rende anche suo figlio.
3 – Se il padre è l’unico rappresentante dei figli, tanto che di cognome questi portano solo il suo, allora è al padre – ovvero all’uomo – che occorre assicurare la possibilità di lavoro e occorre farlo nelle migliori condizioni per lui (e per chi glielo fornisce).
4 – Se l’uomo deve lavorare e deve farlo in condizioni ottimali, allora non deve avere preoccupazioni familiari di accudimento. Non basta il vantaggio che presenta per non essere soggetto a gravidanze e parti, al sistema produttivo il lavoratore deve assicurare di più. La donna da lui presa in moglie se ne stia a casa per accudire sia i figli sia lui. In tal modo il sistema produttivo su cui si basa l’assetto sociale rafforza nell’uomo la sua percezione di preminenza indiscussa sull’altro sesso, che condiziona l’ambito familiare.
5 – Se la subordinazione della donna così stabilita viene meno perché costei prova a sottrarsi al ruolo confezionatole dal sistema e affidato al controllo degli uomini in funzione di sentinelle attive, allora la stessa va punita in tutti i modi “leciti” possibili. In realtà anche con quelli illeciti.

Non sono poche le scusanti, infatti, con cui il sistema socio-giuridico si è adoprato per aggirare o ridurre al minimo il peso di violenze e di delitti che nei tempi andati non venivano ancora classificati come femminicidi. L’uomo (marito / fidanzato / innamorato) che infliggeva violenze varie o uccideva la donna:
– difendeva il suo onore;
– era stato provocato;
– era in preda a un raptus;
– l’amava quasi più della sua vita (molto quasi);
– lei lo aveva illuso e poi respinto. Come non compatirlo, povero figliuolo? Altre formule semi-assolutorie potremmo elencare e alcune le ritroviamo ancora oggi, se non nel diritto quanto meno nel sentire comune che si riversa spesso sulla stampa.

Il punto era allora e ancora oggi è: se la donna è sopprimibile simbolicamente e concettualmente, allora può diventarlo anche nella realtà. È un pensiero inconscio ma consideriamo QUANDO viene (ancora troppo presto per poter dire “veniva”) instillato nei soggetti umani. Accade a partire dalla nascita, ovvero in un momento in cui nessuno schema logico cosciente, tale da svelare e contrastare quel messaggio subliminale, si è ancora formato nei bambini. A questo input se ne aggiungono altri di cui la nostra società maschilista purtroppo è intrisa e che difficilmente è possibile controllare. Ne deriva una combinazione micidiale.

La sentenza 131/2022 della Corte costituzionale ha sancito l’ILLEGITTIMITÀ ab origine della patrilinearità del cognome e reso obbligatoria l’attribuzione ai figli del cognome di entrambi i genitori, a meno che gli stessi non abbiano concordemente optato per quello di uno solo di essi.
Si potrebbe pensare che la questione sia stata risolta, ma se lo è sul piano giuridico non lo è su quello sociale. Non è un caso se la stampa continuamente ci informa (il più delle volte gongolando) di un flop del doppio cognome, che viene scelto per i nuovi nati con percentuali bassissime.
Certamente è una novità. Certamente le nuove disposizioni pratiche derivate dalla sentenza non sono conosciute abbastanza ma la ragione di fondo non è questa. Il punto è che le suggestioni precedenti continuano ad agire indisturbate nelle stesse donne, che non solo non riconoscono come discriminante l’esclusione del loro cognome da quello dei figli ma – ed è più grave – non hanno compreso il valore radicalmente educativo che quella presenza tangibile comporta».

Finché non sarà stata approvata una legge che elimini ogni possibile raccordo col passato e fughi le preoccupazioni di una futura moltiplicazione dei cognomi – cosa che trattiene le donne dall’utilizzare le possibilità apertesi con la sentenza 131/2022 e gioca a favore di quegli uomini che insistono per mantenere la soppressione delle donne dal cognome dei figli – non avremo un mutamento sociale.

Confido, Presidente Meloni, che voglia accogliere la presente richiesta, nell’interesse non mio né solo delle donne ma della nostra comunità intera, a cui serve modificare un regime che continua a mietere vittime tra le donne, le bambine e i bambini e anche tra gli uomini, dato che essere spinti a divenire autori di femminicidi non è certo un interesse reale di questi ultimi, né è interesse dei padri ritrovarsi, al pari delle madri, privati per mano di altri uomini delle proprie figlie e dei propri nipoti.

Se su molti altri fattori non disponiamo dei mezzi per agire, possiamo anzi dobbiamo intervenire su quelli che è in nostro potere sradicare e questo è il primo della lista. Approvare al più presto la legge è necessario.

Nel ringraziarLa per la cortese lettura, Le porgo i miei saluti e i migliori auguri per il nuovo anno appena iniziato.

 

Link inseriti nel testo:

1 – Petizione: https://www.change.org/p/nuove-norme-sul-nome-della-persona-e-sul-cognome-dei-coniugi-e-dei-figli-19a-legislatura

2 – Sentenza 131/2022 della Corte Costituzionale: https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2022:131

3 – La soppressione della donna nella struttura familiare: https://cognomematerno-archiviostorico-italia.blogspot.com/2013/06/doppio-cognome-per-i-figli-in-italia_25.html

4 – Iole Natoli e il cognome materno: https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/p/iole-natoli-e-il-cognome-materno_19.html

5 – Lettera aperta alla Presidente della 2ª Commissione Giustizia del Senato: https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2022/12/lettera-aperta-alla-senatrice-giulia_21.html

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6 – Link relativo all’immagine: https://it.freepik.com/foto-gratuito/home-still-life-carta-tagliata-concetto_11379884.htm

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8 Gennaio 2023

 

© Iole Natoli