mercoledì 23 febbraio 2022

Per il #CognomeMaterno a Figli e Figlie molteplicità di apporti e strategie

Cause, Proposte, Gruppi … e incomprensioni, per un progetto di trasformazione sociale

di Iole Natoli


 A dimostrazione del fatto che anche le donne possono non capire nulla di simbologie patriarcali e di pericolosi condizionamenti sotterranei esce su Il Tempo on line un attacco alla Ministra delle Pari opportunità, Elena Bonetti, affidato alla conduttrice e opinionista Hoara Borselli. Colpa della ministra sarebbe quella di aver pronunciato la frase «Ai figli il cognome della madre. Basta rinviare la libertà delle donne», in relazione alla proposta di legge per il cognome materno ai figli, in discussione alla commissione giustizia del Senato.
« Difficile, se non impossibile», chiosa Hoara Borselli che la riporta, «trovare un nesso logico tra l'attribuzione del cognome della madre ai figli e la conquista di libertà per le donne».

Peccato che la frase sia soltanto il titolo con cui Il Corriere presenta l’articolo di Maria Teresa Meli e che la ministra si limiti a dire, in relazione al cognome dei figli, che la «libertà di scelta è importante, mentre oggi c’è la prevalenza del cognome maschile». Peccato, dunque, che non abbia per nulla usato la parola libertà nell’accezione onnicomprensiva che le viene attribuita da Borselli.
E pensare che tutte le giornaliste e i giornalisti sanno che i titoli non li fa un'intervistata ma il o la caposervizio del settore di una data testata. Non ne è al corrente l'autrice del pezzo? O le è apparso poco praticabile l’astenersi dal gusto - spontaneo o suggerito - di confezionare qualcosa d’impreciso ma di facile impatto sul pubblico?

La motivazione più profonda probabilmente va individuata in quella cecità abitudinaria che si riscontra purtroppo in molte donne. Come ha scritto di recente la giornalista femminista Monica Lanfranco, «il cognome non è solo una scelta tecnica: è una questione di potere, visibilità sociale e autorevolezza, negata alle donne e dalle donne stesse spesso sottovalutata. Pensare che la lotta per il cognome materno, che forse in questo 2022 potrebbe diventare legge, grazie alla tenacia di molte attiviste (…), sia una questione secondaria significa non vedere il meccanismo omissivo, segregativo, cancellatorio, invisibilizzante delle madri».

Quelle donne che, invece, hanno sempre avuto una lucida consapevolezza del problema ringraziano sinceramente la ministra Bonetti, rilevando che è la prima volta che una donna di governo fa sua la loro causa e prova a supportarla con impegno.

Ringraziano anche tutte le parlamentari che negli anni hanno tentato di aprire una breccia nel muro dei NO senza riuscirci. Sono tante.
La lotta per il cognome materno, che a livello sociale e legislativo data dal 1979, si è sviluppata su diversi fronti: giornalistico, giudiziario, parlamentare, mediatico. Non ultimo da segnalare il fronte social, quello dei gruppi FB sul Cognome, nati per agevolare le donne - e talvolta anche gli uomini – nelle pratiche prefettizie da avviare per poter dare a figli e figlie, a nascita avvenuta, il cognome della madre.
È un contributo meno circoscritto di quanto si immagini, perché quei gruppi, al di là della loro consistenza numerica, sono diventati anche luoghi di discussione su progetti di legge e centri d’irradiazione dell’idea che abbattere la patrilinearità dei cognomi significa attaccare le radici della visione patriarcale della società.

Con la collaborazione di altre due amministratrici, ne conduco due anch’io, uno privato e, più di recente, anche uno pubblico. Prima di me, però, ci avevano pensato con successo Franco Perini e Francesca Manna, con il loro Libertà di scelta nella trasmissione del cognome ai figli. Perché allora ne ho aperto degli altri? Per una ragione molto semplice. Benché dopo la sentenza della CEDU del 2014 io abbia optato per una Proposta di legge che prevedesse anche la possibilità del cognome unico a scelta, redigendo nuove Petizioni la cui ultima è del 2018, all’epoca lavoravo invece per una legge sul doppio cognome obbligatorio. Mantenere separati i due orientamenti, dunque, era a quel tempo l’unica via praticabile. In ogni caso, tra questi gruppi ci sono sempre stati contatti frequenti, incrementatisi negli ultimi anni, com’è ovvio che accada quando si lavora con serietà e impegno per un obiettivo sociale comune.

Sarà la volta buona, la legge tanto attesa vedrà questa volta la luce? Lo si spera sinceramente da più parti. «Se questa legge non trovasse una fortissima ostilità, l'avrebbero approvata da tempo», ha scritto di recente Iole Granato, commentando su FB l’attacco alla ministra Bonetti. «Mi pare che certe reazioni negative sottolineino, piuttosto, la portata culturale di un cambiamento del genere».  Condividiamo in pieno il suo pensiero.

23 febbraio 2022
 

© Iole Natoli

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