sabato 13 aprile 2024

Lettera aperta sul COGNOME dei coniugi e dei figli / Commento all'audizione del 3 aprile in Commissione Giustizia del Senato

Del Cognome, di regolamenti strategici e della necessità di preservare il valore di una riforma sociale
Di Iole Natoli

 

Foto di it.freepik.com

La VI seduta di audizioni sul tema [1], che ha avuto luogo presso la presidenza della Commissione Giustizia, ha toccato un aspetto non secondario della legge a cui pervenire, ovvero l’opportunità che si approntino anche modifiche dei regolamenti attuali, per aggirare alcune difficoltà che potrebbero sorgere dopo l’entrata in vigore della nuova normativa. Sui problemi legati all’identificazione delle persone nell’espletamento delle pratiche notarili hanno parlato il Dott. Giulio Biino e la Dott.ssa Alessandra Mascellaro, rispettivamente Presidente e Consigliera del Consiglio Nazionale del Notariato.

L’atto di identificazione delle parti, fondamentale per lo svolgimento dei traffici giuridici, presuppone che si possa e debba avere certezza delle relazioni giuridiche tra le parti coinvolte in una situazione specifica. Per esempio, nei casi di devoluzione ereditaria la necessità di individuare i membri aventi diritto nell’ambito e della famiglia nucleare, ove questa ci sia, e al di fuori di essa, come nel caso della presenza di cugini, rende necessario che tutti i membri siano rintracciabili anche nel caso in cui non ci sia un cognome comune quale conseguenza di un’attribuzione che può essere stata effettuata alla nascita, o a seguito di un cambiamento del cognome che può essere intervenuto successivamente.

La Dott.ssa Mascellaro ha riferito di un caso in cui si è imbattuta, quello di un lituano che aveva cambiato cognome due volte e che era dunque passato attraverso tre cognomi differenti. In tale circostanza, la presenza di un certificato consolare, rilasciato dall’Ambasciata della Repubblica di Lituania  nella Repubblica italiana, che riportava il cognome di ultimo acquisto, quello ricevuto alla nascita e l’altro avuto tra questi due estremi, insieme alle annotazioni relative ai provvedimenti che ne avevano determinato l’esistenza, le ha reso possibile effettuare l’accertamento di identità necessario.

Così si è appreso dell’esistenza della Convenzione CIEC n. 21 [2], stipulata all’Aja l’8 settembre 1982 e ratificata dall’Italia l’11 febbraio 1989 con legge n. 71 [3], di un Registro generale dei testamenti [4] esistente presso il Ministero di Giustizia e di alcune questioni, oggetto delle competenze del notariato. Il Dott. Biino si è peraltro dichiarato disponibile a fornire una consulenza alla Commissione giustizia, per la stesura di criteri atti a rendere funzionale, sotto il profilo dell’identificazione dei soggetti umani, le norme da approvare. Tutto sicuramente interessante.

Sorge però qualche perplessità riguardante l’accertamento delle relazioni parentali, ai fini delle devoluzioni ereditarie, in caso di membri esterni alla “famiglia nucleare” tra cui si annoverano i famosi “cugini” di cui abbiamo discusso in precedenza [5].

La prima domanda che viene spontaneo porsi è:
- perché mai i “cugini” oscurati da cognomi diversi non hanno mai spaventato nessuno quando si è trattato di persone appartenenti alla linea di parentela materna? Appare lecito infatti ritenere che l’ipotetica tesoretto numerico dei possibili cugini non verrebbe incrementato dalla nuova normativa sui cognomi ma solo diversamente distribuito, tenuto conto delle scelte individuali e perfino dei cambi di cognome da maggiorenni, nonché del fatto che le aggiunte di un cognome genitoriale (abitualmente il materno) costituiscono prassi attuale esperibile ed esperita presso le Prefetture delle diverse provincie italiane.

Ora se da un lato appare più che ragionevole che, in applicazione della Convenzione dell’Aja citata, un documento che dettagli analiticamente i cambi di cognome di una persona sia usualmente reperibile da tutti i soggetti aventi il compito istituzionale di effettuare accertamenti, dall’altro non possiamo non stupirci del fatto che la questione non sia stata – per quel che ne sappiamo – sollevata già prima.

Vivevo ancora a Palermo, quando la Direttrice del Centro culturale francese della mia città, conoscendo la mia attività di ricerca in tema di leggi sul cognome, mi inviò per posta un ritaglio del quotidiano francese Le Monde, dell’8 gennaio 1983 [6].
Vi si leggeva che una nuova legge sui cognomi e i prenomi, entrata in vigore il 1º gennaio di quell’anno, permetteva agli svedesi membri di una stessa famiglia - padri, madri, sorelle e fratelli - di avere tutti cognomi differenti. Non solo, ma si riconosceva a ogni cittadino il diritto di cambiare anche il prenome se non di suo gradimento, gratuitamente la prima volta e a pagamento in eventuali occasioni successive.

Sappiamo anche che in altri stati è possibile invertire l’ordine dei cognomi- ce lo ha ricordato la professoressa Fátima Yáñez Vivero nell’audizione del 21 marzo [7] -, determinando così un cognome differente da quello ricevuto alla nascita pur se costituito dagli stessi elementi e allora la seconda domanda che si affaccia alla mente è:
- ma le devoluzioni ereditarie esistono solo in Italia? In Svezia, in Danimarca, in Spagna o altrove nessuno eredita mai niente, in presenza o in assenza di un testamento? E se eredita, in qual modo le figure istituzionali preposte di quegli Stati gestiscono efficacemente la questione? Non sarebbe opportuno che il Parlamento, che dispone di un Ufficio Studi perfettamente attrezzato, acquisisse una documentazione su questo particolare aspetto del problema?  

Riteniamo che in tema di mutamenti occorra avere ben chiaro ciò che con il varo di una nuova legge ci si ripromette di ottenere, perché i criteri da introdurre per rendere più agevole il lavoro a chi è chiamato a garantire la validità giuridica di un atto non possono comunque sconvolgere gli obiettivi primari di una legge, di una legge che non discende a pioggia dai vertici ma che consegue a un ampio lavoro, partito - per così dire - dal basso.

Occorre precisare allora un quadro storico, che al momento appare piuttosto confuso. Si è detto infatti nel corso dell’audizione qualcosa di inesatto, di certo involontariamente mutuato da talune false informazioni che circolano in rete e non solamente lì. La Dott.ssa Mascellaro, di cui abbiamo apprezzato il puntuale intervento, ha però affermato che il tentativo di introdurre in Italia il doppio cognome daterebbe da 45 anni ovvero dalla proposta di legge presentata il 30 ottobre 1979 dall’on. Maria Magnani Noya [8]. Non è così. Quella data attesta la nascita in ambito legislativo di un interesse per il cognome materno, visto che la deputata torinese presentava una proposta per l’eliminazione della patrilinearità obbligatoria senza nemmeno ipotizzare la possibilità di un doppio cognome. Il progetto, che intendeva altresì eliminare la pronuncia dell’addebito nelle cause di separazione con cui venivano colpite soprattutto le donne, prevedeva infatti il cognome singolo di uno dei genitori, a loro scelta. Era un apprezzabilissimo primo passo sul piano della parità – già sconvolgente per i parrucconi dell’epoca – ma era e resta qualcosa di diverso dal retroterra motivazionale più complesso che ha determinato in altri soggetti proposte sul doppio cognome, legislative e non, antecedenti e successive a quella sul cognome singolo a scelta (riproposto nella legislatura successiva anche dalla senatrice Elena Marinucci). Sul piano legislativo, la comparsa del doppio cognome inizia con la X legislatura, nel dicembre del 1989, con la proposta della deputata Laura Cima [9], dunque quasi 35 anni fa e non 45. In altri termini, a livello legislativo si arriva al doppio cognome dopo circa 10 anni dall’intento iniziale di Magnani Noya di sanare una parità inesistente, cosa importantissima ma che non costituisce il solo aspetto per il quale una riforma del sistema si rendeva già allora necessaria.

Il punto però è anche un altro, cioè che non abbiamo solo il filone legislativo da considerare per comprendere l’approdo abbastanza recente al doppio cognome, che infatti esiste già mentre non c’è ancora una legge. Il Parlamento oggi segue e non precede né determina il cambiamento intervenuto, a cui si è giunti per via non legislativa ma giudiziaria. Il Parlamento oggi deve regolare con opportuni criteri la questione ma non deve introdurre, né può più togliere il doppio cognome per i figli.

Il primo tentativo italiano di pervenire per via giudiziaria a una riforma centrata sul doppio cognome è del 1980. Ne fu autrice una donna che, avendo elaborato l’anno prima un progetto specifico e previsto un criterio (migliorato nel tempo) per evitare la moltiplicazione dei cognomi nelle generazioni successive, adì il Tribunale della sua città con l’intento di giungere alla Corte costituzionale. Il suo scopo era quello di ottenere una sentenza che, riconoscendo l’incostituzionalità della normativa vigente, creasse un vuoto legislativo e ”obbligasse’ il Parlamento a legiferare d’urgenza, magari adottando proprio la proposta da lei elaborata, pubblicata nel giugno del 1979 [10] e inviata ad alcuni esponenti di diversi partiti politici nazionali [11]. Pensiero ingenuo (come la donna stessa, all’epoca) che si scontrò comunque con un NO tondo tondo del Tribunale ordinario [12], che dichiarò infondato il rilievo di discriminazione per sesso in quanto, ebbe a sentenziare, nemmeno il padre trasmette il cognome bensì è il figlio che lo acquista. Che il figlio nato nel matrimonio fosse obbligato ad acquistare solo il cognome del padre e mai quello della madre non rese meno salde le certezze granitiche del tribunale palermitano. Considerato che i soggetti citati in giudizio non erano pochi, che nuovi possibili rigetti in appello ed eventualmente in Cassazione avrebbero comportato spese esose e che il clima giuridico esterno non le appariva come un alleato su cui contare ma esattamente l’opposto [13], la donna in questione – che ero io - abbandonò la via giudiziaria ripromettendosi di intensificare i suoi sforzi affinché la sua proposta venisse adottata da qualche addetto o addetta ai lavori parlamentari. Cosa che, malgrado un certo interessamento di alcune addette e perfino una promessa ricevuta, non avvenne.

Ma perché ripensare ora a quella proposta? La ragione specifica sta nel fatto che non si proponeva la questione motivandola con un’evoluzione del costume ma affrontandola alla radice, che si denunciava non solo la discriminazione esistente a danno delle donne ma altresì le conseguenze che quella discriminazione produceva sulle figlie e sui figli e dunque sull’intero sistema sociale. Sul versante della popolazione maschile, tali conseguenze si possono definire come presenza sotterranea di un input a prevaricare sulle donne che viene trasmesso da una generazione all’altra, per acquisizione inconscia da parte del figlio. Se allora io non scrivevo anche di soppressione fisica, oggi, possiamo ben rendercene conto: TUTTI i sistemi che alimentano la visione patriarcale del mondo e la svalutazione o negazione dei diritti primari delle donne sono alla base dei femminicidi e dei figlicidi che prosperano nella nostra squilibrata società. Tra i fattori più perniciosi c’è la “legittimazione” inconscia della soppressione della donna, introiettata mediante la soppressione della sua visibilità nel cognome del figlio. È la prima nel tempo, la più radicata e durevole e dunque quella che occorre estirpare senza ulteriori ritardi. L’abitudine ottunde i cervelli e fa sì che da molte parti non sia stata colta la relazione esistente tra la modalità soppressiva, inculcata nei maschi fin dalla nascita, e l‘esercizio efferato del possesso.

Sulla differenza tra un’impostazione che guarda alla sola parità e quella che, eliminando la specifica discriminazione contro le donne legata all’attribuzione del cognome, intende contribuire a determinare una riforma sociale a tutto tondo, si è espressa nel marzo 2021 Noi Rete Donne con un documento collettivo [14] dal titolo “Doppio Cognome a Figli e Figlie, una Rivoluzione Culturale e non questione di sola parità. In esso, oltre all’esposizione e all’approfondimento del tema, si faceva anche riferimento ad alcune associazioni formatesi nel corso degli anni, tre delle quali - la Rete per la Parità, l’Associazione Coscioni e l’Associazione Vox-Diritti - a seguito dell’ordinanza di autorimessione 18/21 della Consulta [15] che ha preceduto la storica sentenza 131/2022 [16], utilizzando lo strumento dell’Opinio Amici curiae, avevano operato per far sentire la loro voce con il deposito presso la Corte costituzionale di tre atti d’intervento distinti.
Ma non soltanto. Dal giugno 1979 al 2022 (e anche oltre) si è assistito a un lento ma progressivo dilatarsi di scritti, incontri, seminari e convegni, promossi con sempre maggiore frequenza da associazioni, università, reti femminili, assessorati alla parità e ordini professionali, tra cui quello degli avvocati di
Ravenna [17], per citarne uno tra i tanti.

E allora dobbiamo riassumere così l’intera questione. L’introduzione del doppio cognome in Italia, pur previsto a datare dal 1989 da alcune e alcuni parlamentari con modalità di vario tipo, senza che le proposte avanzate trovassero sbocco nell’approvazione di una legge, non è conseguita a un’innovazione legislativa. Sul risultato ottenuto ha influito, da un lato, il diffondersi di un interesse specifico che, pur non mobilitando le masse, toccava le coscienze più avvertite rendendo possibile la nascita di un pensiero collettivo diverso, basato sul rifiuto di una consuetudine legislativa in totale contrasto coi principi costituzionali e coi diritti fondamentali della persona. Rientra in questo ambito d’azione anche la creazione sui social di gruppi [18] volti a orientare coloro che erano interessati a richiedere l’aggiunta del cognome materno al paterno dei loro figli, ma talora anche al proprio, fornendo con un lavoro prolungato nel tempo il supporto necessario per l’espletamento delle pratiche prefettizie necessarie [19].
Dall’altro c’è stato l’intervento decisivo di pochi soggetti, ovvero di alcune donne particolarmente “illuminate” e dei loro mariti o compagni di analogo “lume” interiore, che hanno chiamato in causa la magistratura al suo livello più alto. I tre casi fondamentali di questo iter sono stati attivati da coppie e non da sole donne. Mi riferisco ai tre ricorsi altrui che hanno ottenuto riconoscimento in sentenze, da parte del Tribunale internazionale CEDU
il primo [20] e della Corte costituzionale italiana il secondo [21] e il terzo [22].
In sostanza, per quanto non tutta la comunità italiana si sia dimostrata sufficientemente consapevole su questo fronte, è stata la società civile a determinare - muovendosi nel quadro dei principi costituzionali esistenti, della Convenzione EDU (
CEDU) da tempo sottoscritta dall’Italia e di altri trattati internazionali - il riconoscimento della pari dignità genitoriale della donna, l’eliminazione della patrilinearità obbligatoria e l’introduzione del doppio cognome come regola aurea e come unica soluzione praticabile, in assenza di una scelta diversa concordemente manifestata dai genitori.

Ciò che oggi il Parlamento è dunque chiamato a fare non è creare ostacoli di una qualsiasi natura che, per ragioni esterne al dialogo di coppia e alla reale parità tra i genitori, finisca anche indirettamente col proporre una continuità col passato, approvando soluzioni comode ma che non corrispondono a una reale necessità dello Stato (rif. art. 8, comma 2, della CEDU) [23].

Il nostro Paese si è sempre mosso sul piano di “semplificazioni” reali o apparenti, che mietono vittime in vari settori della popolazione, minando i presupposti di uguaglianza e di serena convivenza sociale. Non è auspicabile che, adottando criteri semplificativi, veri o presunti, si riduca o vanifichi l’impatto positivo che una riforma scaturita da una nuova legge può avere sulla popolazione italiana. Non si vuole giocare a liberi tutti, ma le giuste osservazioni della Dott.ssa Mascellaro sulle conseguenze che potrebbe avere una norma che consenta al figlio maggiorenne di aggiungere il cognome dell’altro genitore qualora ne abbia ricevuto solo uno alla nascita, senza che ne siano coinvolti anche i cognomi di eventuali fratelli e sorelle, ove portasse all’eliminazione della possibilità stessa rischierebbe di apparire come una limitazione dell’identità personale dei singoli, inspiegabilmente lontana dalle regole già richiamate e ben più elastiche di altre nazioni.

Peraltro le richieste di aggiunta, avanzate da una persona maggiorenne per sé, sono ormai serenamente approvate dalle Prefetture italiane. Vengono ugualmente approvate e non da adesso le richieste di aggiunta al cognome dei minori presentate da entrambi i genitori.  Non solo, ma una notizia di stampa dell’11 aprile riporta una sentenza del febbraio 2024 del Tar del Veneto, che, intervenendo in un caso verificatosi presso la Prefettura di Verona, rende nullo il dissenso di un padre per l’aggiunta del cognome materno chiesto otto anni fa dalla madre per il figlio ormai quattordicenne [24], modificando con ciò le regole fin qui riservate alle situazioni pregresse.

Dovremmo compiere ora un passo indietro?
Dall’intervento della Dott.ssa Mascellaro non si deduce sia questo l’intento che sta alla base delle sue pertinenti osservazioni. Tuttavia, l’ipotesi di dover modificare eventualmente la legge - più precisamente il testo attualmente considerato per la futura legge - emerge da una domanda formulata dalla senatrice Bongiorno. Si sottolinea dunque che appare utilissima la predisposizione di un regolamento che garantisca la certezza delle relazioni giuridiche, purché quei « criteri indefettibili” richiamati dal Dott. Biino attivino procedure diverse da un’eventuale indebita interferenza nel diritto inalienabile all’identità personale più intima dei singoli.

Sul finire dell’audizione del 3 aprile, la senatrice Bongiorno ha dichiarato: “il tema è stabilire se e quanto noi possiamo comprimere comunque la libertà del soggetto o se possiamo, come io in realtà auspicherei, prevedere dei criteri predeterminati”. Mi sia permesso d’integrare l’impianto con la seguente considerazione: per stabilire dei criteri predeterminati, è necessario capire fin dove l’eventuale compressione delle libertà individuali può NON INTACCARE la validità complessiva di una riforma sociale.

Quali punti critici sono emersi nel corso delle recenti audizioni – in riferimento ai quali si ricordano i commenti [25] [26] [27] [28] [29] - e, già prima, in convegni e dibattiti in parte riportati dalla stampa?
Uno è l’ordine alfabetico, pensato per risolvere il dissidio tra i genitori sulla sequenza dei due cognomi da attribuire alla prole. Quale il danno? La compromissione programmatica della serenità del dialogo di coppia, con cui si crea uno squilibrio tra i genitori, determinando a priori chi vince e chi perde per esclusiva comodità dello Stato.

Un secondo punto critico è rappresentato dalla predeterminazione del cognome da attribuire alla prole da parte del genitore cha abbia già due cognomi (per chiunque sempre il primo o per chiunque sempre il secondo). Quale il danno? Più d’uno. Si obbligherebbe infatti un genitore a ignorare l’interesse del figlio, impedendogli eventualmente di scegliere tra i suoi due cognomi quello che gli assicuri un collegamento evidente con una parentela più numerosa e/o significativa per lui. Inoltre, si creerebbero i presupposti per un litigio tra i genitori in ragione dell’ordine con cui attribuire i due cognomi. Se Rossi sa che la sua prole potrà attribuire un giorno alla propria solo il primo dei due cognomi ricevuti, litigherà con Bianchi che vuol mettere il suo cognome in prima posizione, per assicurarsi di ritrovarlo vivo e vegeto in quello del o della nipote che verrà.

Un terzo punto critico è individuabile nel totale livellamento d’importanza tra l’attribuzione del cognome di entrambi i genitori e l’attribuzione del cognome di un genitore soltanto presente in due delle proposte legislative esaminate, ravvisabile in quel “o..o..o” (dove peraltro il cognome materno viene sempre considerato per ultimo), riproposto nell’intervento di un audito nel corso dell’audizione del 15 febbraio.
Quale il danno? Anche qui più di uno. Si ridurrebbe l’impatto della riforma, al punto da rendere la situazione futura pressoché identica all’attuale; la discriminazione nei confronti della donna continuerebbe a sussistere pur non essendo più definita come tale e si riverserebbe su molti aspetti del sistema sociale. Inoltre, i figli non svilupperebbero quell’identità completa e per loro vantaggiosa di cui ha abbondantemente scritto la Corte costituzionale nella 131/2022.

È ravvisabile un qualche rimedio? Esistono due possibilità. L’una consiste nel rendere obbligatorio il doppio cognome, eliminando drasticamente la scelta di un cognome soltanto. L’altra nel rafforzare il valore del doppio cognome, presentandolo come regola generale nel primo comma della norma, e nel ridurre al contempo l’appetibilità

dell’opzione per il cognome singolo, definendola espressamente come “deroga“ al comma con cui si introduce il doppio cognome. Non assicura l’effetto certo della soluzione precedente, che appare la più rispondente all’interesse del figlio, ma riduce in qualche modo il danno che l’eccessiva libertà può produrre.

Nel caso dell’adozione del doppio cognome obbligatorio, c’è da tener presente quanto rilevato nel corso dell’audizione del 28 marzo dall’avvocata Pase [30], che ha proposto di non rendere identificabile il figlio riconosciuto da un solo genitore, suggerendo che oltre al cognome del genitore che ne abbia uno solo si preveda un secondo cognome, che potrebbe essere un cognome di fantasia o uno dei cognomi di famiglia del genitore che ha effettuato l’unico riconoscimento del figlio.

La cosa non appare molto semplice, perché allo stato attuale in tutti i casi di aggiunta di cognome – al momento ottenibile in Prefettura - si richiede l’assenso della persona interessata, ovvero di chi è titolare di quel cognome. Come si dovrebbe dunque strutturare una norma che contempli l’aggiunta di un cognome che, per cause varie, non sia dell’altro genitore del figlio? Sembrerebbe più ragionevole escludere un cognome di fantasia e vincolare l’indicazione a uno dei cognomi dei genitori o dei nonni della persona che effettua il riconoscimento del figlio. Anche questo però potrebbe presentare problemi e forse un approfondimento della questione, per individuare una formula tecnica appropriata, sarebbe da considerare non banale.

13 Aprile 2024

© Iole Natoli

Note e link di riferimento:

[1] Audizione del 3 aprile 2024: https://webtv.senato.it/4621?video_evento=245309

[2] Convenzione dell’Aja 1982: https://www.eda.admin.ch/eda/fr/dfae/politique-exterieure/droit-international-public/traites-internationaux/depositaire/etat-civil/convention-relative-a-la-delivrance-d-un-certificat-de-diversite-de-noms-de-famille.html

[3] Legge di ratifica della Convenzione dell’Aja: https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1989-03-04&atto.codiceRedazionale=089G0083&elenco30giorni=false

[4] Registro generale dei testamenti: https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_3_9_11.wp

[5] Audizione del 26 febbraio 2024: https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2024/03/cognome-dei-coniugi-e-dei-figli-in.html

[6] Le Monde, 8 gennaio 1983: Patronymes en libre-service.

[7] Audizione del 21 marzo 2024: https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2024/03/unaudizione-dietro-laltra-muove-i-suoi.html

[8] Maria Magnani Noya, Nuove norme in materia di diritto di famiglia, C. 832: http://legislature.camera.it/_dati/leg08/lavori/stampati/pdf/08320001.pdf

[9] Laura Cima, Modifiche e integrazioni alle norme del codice civile concernenti il cognome dei coniugi e dei figli, C.4392: http://legislature.camera.it/_dati/leg10/lavori/stampati/pdf/43920001.pdf

[10] Iole Natoli, Doppio cognome per i figli. Primo scritto in Italia sull'argomento del giugno 1979. La soppressione della donna nella struttura familiare: https://cognomematerno-archiviostorico-italia.blogspot.com/2013/06/doppio-cognome-per-i-figli-in-italia_25.html

[11] Iole Natoli, La lunga strada del Cognome Materno / La diffusione del progetto sul Doppio Cognome in Italia: https://cognomematerno-archiviostorico-italia.blogspot.com/2013/07/la-lunga-strada-del-cognome-materno-in.html

[12] Tribunale di Palermo, Civile, Sez. I, sentenza 865/82 del 19.02.1982, prima causa contro lo Stato per l’attribuzione del cognome materno alla prole: https://cognomematernosentenze.blogspot.com/2015/02/tribunale-di-palermo-1982-cognome.html

[13] Commento del giurista Giovanni Conso su La Stampa del 4/6/1980, pag. 2:
http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,2/articleid,1063_01_1980_0120_0002_15121055/

[14] Noi Rete Donne, https://www.noidonne.org/articoli/doppio-cognome-a-figli-e-figlie-una-rivoluzione-culturale-e-non-questione-di-sola-parit.php

[15] Ordinanza di autorimessione 18/21 della Consulta: https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2021:18

[16] Sentenza 131/2022 della Corte costituzionale: https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2022:131

[17] Ravenna, Convegno Il Cognome Materno tra furto d’identità e discriminazioni di Stato: https://www.fondazioneforenseravennate.it/downloads/file/27-6-22%20locandina.pdf

[18] Libertà di scelta nella trasmissione del cognome ai figli: https://www.facebook.com/groups/www.cognomematerno.it

[19] Il Cognome Materno in Italia - Procedure prefettizie e anagrafiche: https://www.facebook.com/groups/iter.cognomematerno.italia/

[20] CEDU Sentenza del 7.01.2014 - Ricorso n.77/07 - Cusan e Fazio c. Italia: https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_20_1.page?facetNode_1=0_8_1_61&facetNode_2=1_2(2014)&contentId=SDU978646&previsiousPage=mg_1_20

[21] Corte costituzionale, sentenza n. 286/2016:
https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2016:286 

[22] Corte costituzionale, sentenza n. 131/2022: https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2022:131

[23] CEDU (Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali): https://www.echr.coe.int/documents/d/echr/convention_ita

[24]  Sentenza del Tar del Veneto del febbraio 2024:
https://corrieredelveneto.corriere.it/notizie/verona/cronaca/24_aprile_11/verona-otto-anni-per-dare-il-suo-cognome-al-figlio-avuto-con-il-precedente-compagno-la-vittoria-della-mamma-arriva-al-tar-e09478dc-d124-4321-9da6-a4e08f93bxlk.shtml

[25] Commento all’audizione del 15.02.2024: https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2024/03/il-cognome-dei-coniugi-e-dei-figli-nei.html

[26] Commento all’audizione del 22.02.2024: https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2024/03/cognome-dei-coniugi-e-dei-figli_26.html

[27] Commento all’audizione del 29.02.2024: https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2024/03/cognome-dei-coniugi-e-dei-figli-in.html

[28] Commento all’audizione del 21.03.2024: https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2024/03/unaudizione-dietro-laltra-muove-i-suoi.html

[29] Commento all’audizione del 28.03.2024: https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2024/04/cognome-dei-figli-di-ordini-di.html

[30] Anna Pase, in audizione Senato del 28.03.2024: https://webtv.senato.it/4621?video_evento=245281

 

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